“Signore,

[…] vi informerò senza altre cerimonie che all’inizio dell’anno 1666 (tempo durante il quale mi applicavo alla molatura di lenti in forme diverse dalla sferica) mi procurai un prisma triangolare di vetro per fare con esso esperimenti sui famosi fenomeni dei colori. (…) Capito questo, misi da parte il mio predetto lavoro di molatura delle lenti. Rilevavo, infatti, che il perfezionamento dei telescopi era stato fin qui limitato non tanto dalla mancanza di lenti correttamente formate (la qual cosa tutti hanno fin qui supposto) secondo le prescrizioni degli autori di ottica, quanto dal fatto che la luce stessa è una mescolanza eterogenea di raggi diversamente rifrangibili. Sicché, anche se una lente fosse così esattamente formata da raccogliere qualsiasi genere di raggi in un solo punto, essa non potrebbe raccogliere nel medesimo punto anche quelli che cadendo con la medesima incidenza sul medesimo mezzo sono atti a subire una differente rifrazione.”

Isaac Newton, Nuova teoria sulla luce e sui colori [scritta in forma di lettera a Henry Oldenburg, segretario della Royal Society di Londra] (1672), in Isaac Newton, Scritti di ottica (a cura di A. Pala), UTET, Torino, 1978, pp. 199-204

L’Astronomia non dovremmo insegnarla quasi più. Fino a pochi anni fa era nel programma dell’ultimo anno dei licei, mentre ora le nuove indicazioni nazionali prevedono che nel primo biennio si completino e  approfondiscano contenuti già in precedenza acquisiti, ampliando in particolare il quadro esplicativo dei moti della Terra, proseguendo poi con lo studio geomorfologico di strutture che costituiscono la superficie della Terra (fiumi laghi, ghiacciai, mari eccetera). Come sapete, però, le scienze della Terra si intrecciano anche con la biologia e la chimica. Ma è veramente possibile integrare le scienze in un percorso che abbia senso e che non sia semplicemente una giustapposizione di concetti che non si fondono mai?

Una delle mie “passioni” scientifiche è l’astrobiologia, una branca della scienza che si occupa della ricerca della vita nell’universo. L’astrobiologia utilizza discipline come la fisica, la chimica, l’astronomia, la biologia, la biologia molecolare, l’ecologia, le scienze planetarie, la geografia e la geologia per investigare la possibilità della presenza di vita in altri mondi e per riuscire a identificare biosfere che potrebbero essere differenti da quella terrestre.

Tempo fa, girovagando per la rete, sono incappata in un intero curricolo di astrobiologia sviluppato per la scuola secondaria americana dal TERC, in collaborazione con la NASA. Dopo lunga riflessione, quest’anno ho provato a costruire la programmazione delle mie classi prime e seconde intorno a questa disciplina, per me davvero affascinante, inserendo attività inquiry-based quanto più possibile.

Non posso certo raccontare in un solo post tutto il percorso (rischierei di farvi addormentare entro pochi minuti!) ma vi dirò sinteticamente che nelle classi prime il mio piano di lavoro  prevede lo sviluppo degli argomenti delle Indicazioni Nazionali, con qualche approfondimento in più di astronomia, attraverso attività con cui i ragazzi costruiscono la propria conoscenza scientifica cercando di dare risposta ad alcune domande essenziali legate all’astrobiologia.

A settembre, dopo una serie di attività introduttive sulla natura della scienza (fondamentali per fare inquiry, ma non solo!), siamo partiti da uno scenario, la missione Kepler e la scoperta di Kepler-186f,  che mi ha permesso di introdurre ai ragazzi l’astrobiologia come scienza e di gettare le basi del percorso che guiderà il lavoro dei prossimi due anni. Poi abbiamo lavorato sui corpi che costituiscono il sistema solare e su quelli che si trovano al di fuori. Prima di passare, però, allo studio delle stelle, ho dovuto decidere con quale grado di approfondimento volevo, o meglio potevo, trattare la luce e gli spettri.

Spettro o non spettro?

Si può affrontare lo studio degli spettri con le prime in modo che abbia un senso per gli studenti? Mentre cercavo di rispondere a questa domanda ho cominciato sfogliare vari libri di testo per vedere come gli autori delle diverse case editrici fossero riusciti a semplificare per dei ragazzi di prima quello che prima veniva spiegato agli studenti dell’ultimo anno, senza perdere il senso profondo della questione. In molti libri il problema viene risolto “tagliandolo alla radice”, inserendo cioè la radiazione elettromagnetica e gli spettri solo in una figura o in un box con informazioni minime (cui prodest?). In altri ho trovato, invece, un intero e sintetico paragrafo dedicato, dove però sintesi non è sempre sinonimo di chiarezza vista la giovane età degli studenti e la mancanza dei necessari prerequisiti di fisica e chimica. Bel problema!

Quindi… li faccio o non li faccio? Li faccio.  In fondo, in terza, il problema degli spettri salta di nuovo fuori quando si parla dei modelli atomici e, magari, se ci arriviamo “preparati” sarà più semplice capirli anche a livello microscopico, no?

Ma come fare? E soprattutto come faccio a inserire l’inquiry in un argomento così? Il percorso americano di astrobiologia mi ha dato una mano.

Engage: mostrare lo spettro

Per cominciare, ho mostrato un’immagine dello spettro della luce con un videoproiettore. Che cos’è? Lo avete mai visto prima?

Qualcuno lo ha riconosciuto anche se non sapeva dire cosa fosse esattamente, qualcun altro lo ha “identificato” come l’immagine dei colori dell’arcobaleno e altri ancora si sono ricordati che se si fa passare la luce del Sole  o di una lampadina attraverso un prisma di vetro si ottengono i colori dell’arcobaleno, anche se non ricordavano come e perché la luce si comporti così.

Cosa rivela un prisma sulla luce visibile?  Naturalmente, nessuno dei miei studenti è riuscito a realizzare che ciascun colore dell’arcobaleno è una parte dello spettro visibile della luce e che il prisma agisce per separare queste diverse parti dello spettro tra loro, né il motivo per cui avvenga questa separazione o se è addirittura possibile. Ma con questa riflessione ho cominciato a far emergere le loro preconoscenze (e misconcezioni) incuriosendoli anche un po’.

Il Sole produce l’energia luminosa che ci permette di vedere le cose intorno a noi. Quali altri tipi di energia provengono dal Sole? Possiamo vederle? Perché o perché no? Che ne pensate? In tre minuti hanno scritto sul quaderno, individualmente, le risposte a queste domande, preparandosi a discuterne con l’intera classe. È bene tenere i tempi sempre molto stretti anche se protestano che non hanno finito: all’inizio effettivamente non tutti finiscono di scrivere, ma poi imparano a rispettare i tempi rendendo più efficiente quello che hanno a disposizione.  Alcuni studenti si sono ricordati che il Sole, oltre alla luce visibile, emana altri tipi di energia, ma quasi nessuno è riuscito a collegare il fatto che il Sole riscalda  i loro corpi con la radiazione infrarossa che non vedono o che  il Sole emette altri tipi di radiazioni che ci sono familiari come le onde radio e le microonde.

Explore: costruire uno spettroscopio ed osservare gli spettri

Siamo quindi passati alla costruzione di uno spettroscopio.

Per costruirlo, servono un cartoncino nero (formato A4), colla, forbici e un vecchio CD o DVD. In rete ci sono tanti modi per realizzarne uno handmade. Tra i migliori, in quanto facile da costruire e perfettamente funzionante, c’è quello realizzato dall’Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio di Bologna.

Una volta realizzato lo spettroscopio, gli studenti hanno fatto tre osservazioni:

– luce solare dalla finestra della classe puntando lo strumento in una zona del cielo lontano dal Sole (meglio ricordare sempre che non devono osservare mai il Sole direttamente perché potrebbero causarsi un danno alla vista);

– luce emessa da una lampada a fluorescenza;

– luce emessa da una lampadina a incandescenza;

Per ciascuna prova hanno dovuto osservare lo spettro ottenuto e scrivere l’ordine dei colori osservati. Poi, a piccoli gruppi, hanno usato le osservazioni fatte per rispondere a due domande.

I colori e l’ordine dei colori degli spettri sono diversi per la luce solare, la lampada a fluorescenza e a incandescenza? Descrivete ogni differenza notata. L’ordine dei colori è lo stesso in tutti e tre gli spettri, ma nello spettro della luce a fluorescenza ci sono tre bande colorate (nel giallo-verde e nel violetto) che sono più brillanti del resto dello spettro (a seconda del tipo di lampadina a fluorescenza, in realtà, la risposta può variare).

Cosa vi aspettereste di vedere se usaste lo spettroscopio per guardare la luce emessa da stelle ? Le risposte degli studenti sono state diverse, ma qualcuno ha sostenuto che l’ordine dei colori potrebbe essere lo stesso anche se certe bande colorate potrebbero essere più brillanti.

La radiazione elettromagnetica in astronomia

Dopo aver fatto sintesi di quanto emerso durante la discussione delle risposte, ho raccontato ai ragazzi che gli astronomi usano la radiazione elettromagnetica per studiare oggetti ed eventi all’interno del sistema solare, ma anche in galassie lontane, usando una grande varietà di strumenti progettati per raccogliere la radiazione elettromagnetica da questi oggetti distanti. La luce visibile è ciò che vediamo quando si guardano le stelle da un telescopio, da un binocolo o a occhio nudo. Tutte le altre forme della luce sono invisibili all’occhio umano, ma possono essere rivelate da questi strumenti.

Ho, quindi, concluso la lezione assegnando, come compito a casa, una ricerca che li aiutasse a scoprire in che modo gli astronomi usano lo spettro elettromagnetico. Per compito dovete fare una ricerca su una missione spaziale per scoprire in che modo gli astronomi usano lo spettro elettromagnetico in quella missione e la prossima lezione dovrete fare un report di quanto avete trovato all’intera classeMolte missioni prevedono più di uno strumento (è molto costoso mandare strumentazioni nello spazio, di conseguenza gli scienziati cercano di combinare più studi in una stessa missione), così è meglio concentrarsi su un solo strumento e un solo aspetto della missione per cercare di conoscerlo meglio.

Le domande a cui dovreste cercare di rispondere con la ricerca dovrebbero includere:

– Qual è lo scopo principale della missione?

– In che modo la missione contribuisce alla nostra comprensione dell’origine e dell’evoluzione dell’universo o della natura dei pianeti all’interno del nostro sistema solare?

– Chi e/o quanti scienziati e nazioni sono coinvolte nella missione?

– Quale tra gli strumenti presenti nella missione hai selezionato?

– La luce viene misurata con una grandezza chiamata lunghezza d’onda. A quali lunghezze d’onda lavora lo strumento che hai scelto?

– Come funziona il detector (rivelatore)?

– Come vengono processati e interpretati i dati? Le immagini? I grafici?

Tra le missioni da approfondire si potrebbero inserire:

– Telescopio spaziale Hubble – NICMOS (Camera a infrarossi e Spettrometro multi-oggetto)

– Missione Cassini Huygens verso Saturno e Titano – Ultraviolet Imaging Spectrograph (UVIS)

– Telescopio Spaziale Spitzer (Spitzer Space Telescope o SST) chiamato, precedentemente, Space Infrared Telescope Facility o SIRTF)

– Satellite HETE-2 (High Energy Transient Explorer)

– Chandra X-Ray Observatory.

– Missione Rosetta (OSIRIS)

Ad esempio nel telescopio spaziale Hubble, la camera a infrarossi e lo spettrometro multi-oggetto (NICMOS) possono vedere oggetti nello spazio profondo, la cui luce impiega miliardi di anni per raggiungere la Terra. Molti segreti sulla nascita delle stelle, di sistemi solari e galassie vengono rivelati nella luce infrarossa, che può penetrare il gas e le polveri interstellari che bloccano, invece, la luce visibile. NICMOS è stato installato a bordo del telescopio Hubble nel febbraio del 1997. Contiene tre macchine fotografiche progettate per operazioni simultanee e può rivelare luce con lunghezze d’onda comprese tra 0,8 e 2,5 μm, molto più lunghe di quanto l’occhio umano possa percepire. Questo permette l’acquisizione di immagini e osservazioni spettroscopiche nell’infrarosso di oggetti astronomici. Dalla sua istallazione NICMOS ha fatto osservazioni di stelle appena nate e di regioni contenenti le galassie più lontane e più fioche mai ritratte. Essendo un rivelatore infrarosso, per funzionare correttamente (proprio come quelli istallati su telescopi sulla Terra) NICMOS ha bisogno di lavorare a temperature piuttosto basse, intorno a 60 gradi Kelvin. Il team di scienziati e tecnici provengono da: Università dell’Arizona; Space Telescope European Coordinating Facility (ST-ECF); Space Telescope Science Institute (ST-sci); Ball Aerospace; NASA Goddard Space Flight Center.

Oppure, la Missione Cassini-Huygens, realizzata in collaborazione tra NASA, ESA ed ASI,  ha come scopo lo studio di Saturno (atmosfera e interno) e dei suoi anelli, la sua magnetosfera e il suo sistema di satelliti ghiacciati  con particolare riguardo  al satellite Titano. La missione è partita nell’Ottobre 1997 e, dopo un viaggio di sette anni, l’orbiter Cassini (realizzato dalla NASA) e la sonda Huygens (realizzata dall’ESA) hanno  raggiunto il sistema di Saturno nel luglio 2004 e la sonda Huygens è atterrata sulla superficie di Titano il 14 gennaio 2005. L’Ultraviolet Imaging Spectrograph (UVIS) consiste in un set di detector (rivelatori) ideati per misurare la luce ultravioletta riflessa od emessa dalle atmosfere, dagli anelli, e dalla varie superfici, in lunghezze d’onda che vanno dai 55,8 ai 190 nanometri, per determinare la loro composizione, la distribuzione, il contenuto di aerosol e le temperature.

I ragazzi hanno raccolto molte informazioni e, come previsto, sono scaturite molte domande sul significato di ciò che hanno trovato. È quindi arrivato il momento della spiegazione.

Explain: si comincia a capire

La comprensione dello spettro elettromagnetico comincerà, naturalmente, dal lavoro di Isaac Newton che nel 1666 riuscì a scomporre un fascio di luce attraverso un prisma e da Christiaan Huygens che dieci anni più tardi propose l’idea che la luce viaggiasse nella forma di piccole onde. Il lavoro di questi due scienziati pose le basi per l’inizio della spettroscopia, la scienza che studia il modo in cui la luce interagisce con la materia. Questa scienza ha permesso di rispondere a molte domande sulla materia, sull’energia, il tempo e lo spazio.

Il Sole irradia energia in molte forme. Anche se non possiamo vederle, abbiamo esperienza di alcune di queste forme come, ad esempio, i raggi UV che producono le scottature d’estate o il calore della radiazione infrarossa.

Nell’investigazione con lo spettroscopio si è studiata la luce del Sole separandola nei vari colori di cui è composta. Ciascun colore ha una lunghezza d’onda caratteristica e il range di colori che va dal rosso al violetto è chiamato spettro visibile.

Lo spettro visibile è la piccola parte dello spettro della radiazione elettromagnetica emessa dal Sole, dalle altre stelle e dalla galassie, che il nostro occhio è in grado di riconoscere.

La luce è un insieme di diversi tipi di energie, chiamate nel loro insieme radiazione elettromagnetica, che da una sorgente si propagano nello spazio  fino a quando non vengono assorbite, interagendo con i corpi che incontrano sul loro cammino.

Diversamente dalle altre forme di energia in movimento, come le onde sonore o quelle sismiche, la luce non ha bisogno di nessun “mezzo” con cui propagarsi, anzi la sua massima velocità di 300000 km/sec viene raggiunta nel vuoto.

Anche se non è facile rendersene conto nella vita di tutti i giorni, esperimenti hanno mostrato che la luce può essere descritta in due modi.  Alcune volte, infatti, la luce si comporta come un’onda, (una perturbazione che nasce da una sorgente e si propaga nel tempo e nello spazio trasportando energia senza comportare un associato spostamento della materia), altre volte come uno sciame di particelle. Una qualsiasi onda può essere descritta in modo accurato quando se ne conoscono alcune caratteristiche:

lunghezza d’onda (λ), che è la distanza tra un punto qualsiasi di un’onda e il suo corrispondente nell’onda seguente (due creste o due gole).

Ampiezza o intensità dell’onda, che è l’altezza di una cresta rispetto alla posizione di riposo.

Frequenza (ν) dell’onda, che è il numero di oscillazioni che un’onda compie in un secondo.

Velocità dell’onda (c), che per la radiazione elettromagnetica nel vuoto è poco meno di 300000 km/sec.

La radiazione elettromagnetica comprende i raggi gamma, i raggi-X, i raggi ultravioletti, la luce visibile, la radiazione infrarossa, le microonde e le onde radio.

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Fonte immagine: http://anniluce.files.wordpress.com/2011/05/spettro_luce12-copia.jpg

Di tutto questo, il nostro occhio vede solo una ristrettissima banda che va da circa 0,0004 mm (400 nm) a circa 0,0007 mm (700 nm) e che costituisce la zona della radiazione elettromagnetica in cui il Sole emette la maggior parte della sua energia.

Immediatamente al di là del rosso, e quindi con lunghezza d’onda maggiore, sono presenti i raggi infrarossi, che non vediamo ma possiamo percepire sulla pelle sotto forma di calore.

Dall’altra parte dello spettro visibile, al di là del violetto, ci sono i raggi ultravioletti, anch’essi invisibili, responsabili, tra l’altro, delle scottature solari.

I nostri occhi si sono evoluti per essere sensibili solo ad una piccola parte delle lunghezze d’onda emesse dal Sole e le nostre orecchie sono orientate ad un altro intervallo ristretto di lunghezze d’onda, ma sul nostro pianeta ci sono molte altre creature che hanno occhi e orecchie in grado di percepire lunghezze d’onda diverse. Per esempio alcuni pesci e i pinguini possono vedere l’ultravioletto e anche gli insetti vedono a lunghezze d’onda diverse da quelle dell’uomo. Gli elefanti, invece, possono sentire gli “infrasuoni”, frequenze comprese tra 1 e 20,000 Hz, che l’uomo non riesce a sentire, mentre i i delfini possono sentire frequenze fino a 100000 Hz.

L’insieme delle radiazioni, disposte secondo la propria lunghezza d’onda e frequenza, costituisce lo spettro elettromagnetico.

In spettroscopia la parola spettro ha più di un significato. Il primo significato è quello che gli studenti hanno studiato: l’insieme completo della radiazione, dai raggi gamma alle onde radio. Si usa il termine spettro anche per indicare i dati raccolti sull’effettiva lunghezza d’onda della luce che viene studiata dai ricercatori. Una “foto” di uno spettro è simile allo spettro che gli studenti hanno esaminato durante l’investigazione.

Astronomia e spettro elettromagnetico

L’uomo ha costruito moltissimi strumenti sensibili o che le utilizzano parti della radiazione elettromagnetica diverse da quelle della luce visibile. Ad esempio, cuciniamo con il microonde, riusciamo a vedere all’interno del corpo umano con tecnologie che sfruttano i raggi X e usiamo le onde radio per comunicare.

Gli astronomi studiano normalmente l’universo anche nelle lunghezze d’onda dei raggi X e gamma, come anche le onde radio, l’ultravioletto e l’infrarosso.

In cima ai vulcani di tutto il mondo, anche i vulcanologi utilizzano tecnologie a infrarossi per misurare l’aumento di temperatura dei fiumi di lava sotterranei e la velocità di raffreddamento delle nuove rocce che si formano dalle lave.

Come gli scienziati utilizzano lo spettro elettromagnetico

In molti casi, le lunghezze d’onda di interesse in  astronomia sono piccole porzioni dell’intero range di radiazioni emesse o assorbite da un oggetto.

Per esempio, gli astronomi hanno usato il Goddard High Resolution Spectrograph (GHRS) sul telescopio spaziale Hubble in un limitato range di lunghezze d’onda emesse dall’idrogeno atomico nell’atmosfera della stella che comincia a 197,71 nm e finisce a 193,91 nm. Che cosa stavano cercando in un intervallo così ristretto?

Il GHRS era sensibile a piccole variazioni in questa lunghezza d’onda della luce ultravioletta proveniente dalla stella Chi Lupi, nella costellazione del Lupo. Quelle piccole variazioni hanno raccontato agli scienziati quali elementi chimici esistevano nell’atmosfera della stella durante il periodo dell’osservazione. Come si è scoperto, l’atmosfera della stella conteneva tracce di arsenico, cromo, ferro, germanio, manganese, nichel, platino, rutenio e zirconio.

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Fonte immagine: http://it.wikipedia.org/wiki/Chi_Lupi#mediaviewer/File:Lupus_constellation_map.svg

Come hanno fatto gli astronomi a sapere che cosa stavano cercando in quello spettro stellare? In laboratorio, i ricercatori studiano lo spettro di ciascun elemento mentre viene portato a incandescenza in condizioni strettamente controllate.

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Fonte immagine: http://www.treccani.it/enciclopedia/spettro/

Questa procedura permette di costruire una sorta di catalogo delle impronte digitali chimiche degli elementi. Quando gli astronomi hanno confrontato lo spettro di Chi Lupi con gli spettri standard ottenuti in laboratorio che emettono luce in quel piccolo intervallo di lunghezze d’onda, hanno saputo immediatamente che cosa avevano trovato.

Gli strumenti della spettroscopia

Come abbiamo detto, gli scienziati usano la spettroscopia per studiare ogni tipo di oggetto nell’universo, inclusi altri pianeti, il Sole, le stelle e le galassie.

Su Giove e Saturno, per esempio, le aurore emettono luce ultravioletta che è stata studiata dal telescopio spaziale Hubble.

I ricercatori usando dei detector agli infrarossi, studiano la superficie di Marte durante le tempeste di polveri per determinare cambiamenti nelle temperature dell’atmosfera e della superficie.

Studi nell’infrarosso di nubi di polveri distanti possono rivelare la presenza di stelle in formazione nascoste all’interno delle nursery stellari.

Esplosioni energetiche delle stelle sono tracciate per mesi usando detector agli ultravioletti e osservazioni a lungo termine di nuclei galattici stanno mostrando le firme ad alta energia rivelatrici  dei buchi neri.

I detector a bordo del satellite Cosmic Backgroung Explorer hanno individuato la debole radiazione rimasta dal Big Bang e gli strumenti del Compton Gamma Ray Observatory hanno studiato la radiazione proveniente dalle fonti più energetiche dell’universo.

Radiazione elettromagnetica: benefica  o pericolosa?

Considerando i molti usi della radiazione elettromagnetica sulla Terra sembrerebbe che i benefici superino i potenziali rischi che potrebbero derivarne. Tra i possibili pericoli che abbiamo di fronte, le radiazioni nocive di una stella lontana non sono un minaccia grande quanto il pericolo rappresentato dai brillamenti solari al culmine di un ciclo delle macchie solari. nell’affrontare la questione è importante, quindi, porre queste cose in prospettiva, per capire quali eventi pericolosi sono più probabili di altri.

I pericoli della radiazione elettromagnetica

Lo spettro elettromagnetico non è di per sé uno strumento pericoloso o dannoso, ma è uno strumento diagnostico, un modo per classificare le lunghezze d’onda della luce e aiutarci a capire le attività che le generano.

Tuttavia, il pericolo che proviene della radiazione è reale. Il Sole è la nostra principale fonte di calore e di luce ma è anche fonte di una radiazione pericolosa. La nostra atmosfera ci protegge dai suoi effetti dannosi e, per esempio, si prendono precauzioni quando si viaggia in aereo vicino al Polo o si va sulla cima delle montagne, dove si potrebbe essere esposti a livelli maggiori di radiazione ultravioletta.

Le possibilità di essere irradiati a grandi altitudini non si limita alle cime delle montagne o non ha effetti solo sugli astronauti in orbita intorno alla Terra.  Gli aerei in volo a grandi altezze si spostano normalmente in regioni dove la magnetosfera e l’atmosfera della Terra non possono proteggere dalle radiazioni ad alta energia. L’equipaggio degli aerei che volano in rotte polari, per esempio, spesso devono , infatti, indossare dosimetri che misurano a quante radiazioni sono stati esposti durante  i loro viaggi.

La maggior parte dei passeggeri non è esposta a quantità di radiazioni tali da costituire un pericolo, ma che cosa succederebbe se si dovesse volare regolarmente in tratte polari per lavoro? Avrebbe senso utilizzare un dosimetro se si volasse una volta alla settimana in queste rotte? Parecchie volte al mese? Parecchie volte la settimana?

Valutare il pericolo

Che cosa se ne fanno gli studenti di queste informazioni?

È importante imparare quanto più possibile sulla radiazione elettromagnetica: i range di lunghezza d’onda in cui emette in modo più forte, i pericoli possibili ma anche i benefici. Queste informazioni saranno utili anche per imparare a leggere criticamente la realtà e a prendere decisioni basate sulla logica.

È bene fare presente, però, che c’è ancora molto da scoprire sugli effetti a lungo termine delle radiazioni sugli organismi viventi e prendere decisioni è difficile. Anche se abbiamo imparato molto su come sfruttare tale radiazione a nostro vantaggio e abbiamo fatto grandi passi avanti nella comprensione di come e perché sono emesse, la scienza non ha ancora tutte le risposte sui benefici e i pericoli della radiazione elettromagnetica che le nostre tecnologie utilizzano.

A conclusione di queste attività e per avviare l’argomento successivo (nel nostro caso l’esplorazione del Sole) si potrebbe far fare una riflessione sugli effetti positivi e negativi dell’energia solare sul sistema Terra e sugli organismi viventi. Che ne pensate?

Per saperne di più sull’astrobiologia:

– Coursera: Astrobiology and the Search for Extraterrestrial Life by The University of Edinburgh

– Astrobiology in your  classroom. Life on Earth…and elsewhere?

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