Il 24 di agosto, verso l’una pomeridiana, mia madre lo avverte che spuntava una nube di grandezza e forme inusitate… Si stava alzando una nube, ma senza che a così grande distanza si potesse distinguere l’esatta provenienza (si chiarì poi che usciva dal Vesuvio), e nessun’altra pianta meglio del pino potrebbe riprodurne l’aspetto e la forma. Salendo infatti verso il cielo come sorretta da un immenso tronco, si allargava poi in qualcosa di simile a dei rami, forse perché la potenza del turbine che dapprima l’aveva sollevata si andava spegnendo: priva di sostegno, dunque, o forse anche vinta dal suo stesso peso, la nube si spandeva in larghezza, talora candida, talora sporca e chiazzata a seconda che fosse carica di terra o di cenere.

La morte di Plinio il Vecchio durante l’eruzione del Vesuvio

Epistulae VI, 16    (traduzione di Angelo Roncoroni) 

Turner, Eruzione del Vesuvio, 1817

Turner, Eruzione del Vesuvio, 1817

È tempo di vacanze. Che ne dite di una bella gita fuoriporta?

Se vi va, mettiamo indietro l’orologio e partiamo. Destinazione: Pompei, 27 agosto del 79 d.C., ore 8 del mattino.

No, non sono impazzita. Sto parlando di viaggio virtuale che possiamo fare grazie a una bellissima animazione scovata su Youtube, “A Day in Pompeii”, realizzata da Zero One per uno spettacolo in 3D nell’ambito di una mostra tenutasi nel Melbourne Museum nel 2009.

Questa animazione permetterà ai nostri studenti ( e non solo) di fare un emozionante viaggio indietro nel tempo in cui non soltanto potranno vedere la ricostruzione della famosa eruzione, davvero ben fatta dal punto di vista scientifico, ma potranno persino “sentire” il dramma e la paura che i cittadini di Pompei hanno, purtroppo, sperimentato tanto tempo fa.

L’evoluzione del Vesuvio

Nella fase più antica della sua evoluzione, tra 39000 e 20000 anni fa, si è formato un grande stratovulcano, il Monte Somma. Nei lunghi periodi di quiescenza probabilmente aveva l’aspetto di un cono regolare completamente ricoperto di boschi, con un’ampia depressione circolare alla sommità.

Poi, in tempi più recenti, una violenta eruzione (a lungo identificata con quella del 79 d.C., ma poi risultata più antica) fece collassare la sommità del cono e si formò un’ampia caldera sfondata nella parte verso il mare.

Fu nel 79 d.C. che all’interno della caldera si alzò un nuovo cono vulcanico, il Vesuvio appunto.

Ancora oggi la “montagna” di Napoli presenta, vista dal mare, due cime: una, il Monte Somma, è ciò che rimane dell’orlo della caldera, l’altra è il cono centrale del Vesuvio; tra le due cime si trova l’Atrio del Cavallo, un tratto dell’antico pavimento della caldera.

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L’eruzione del 79 d.C

La nube (…) a forma di pino, si sollevava alta nel cielo e si dilatava come emettendo rami

In epoca romana, all’inizio del primo millennio, il Vesuvio non era considerato un vulcano attivo e alle sue pendici sorgevano alcune città, tra cui Pompei ed Ercolano, che fiorirono grazie alla fertilità dei luoghi.

Nel 62 d.C. un forte terremoto scosse l’area vesuviana, provocando il crollo di molti edifici e molti danni anche a Napoli e a Nocera. All’epoca, però, nessuno mise in relazione il forte terremoto con la natura vulcanica dell’area.

Il 24 agosto del 79 d.C., l’eruzione iniziò con l’emissione di un’altissima colonna di ceneri e pomici (fase pliniana), che ricaddero poi a terra anche con meccanismi di flusso piroclastico.

Le pomici caddero su Pompei e invasero Ercolano, con spessori anche di qualche metro.

Seguì poi una fase di calma, durante la quale molti abitanti di Pompei, fuggiti all’inizio dell’eruzione sulle imbarcazioni e lungo la costa, tornarono nella loro città. Questo, purtroppo, segnò la loro fine. 

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“Veniva prima spinta verso l’alto da un soffio d’aria e poi, improvvisamente, come vinta dal proprio peso, ricadeva e si espandeva lateralmente.”

Le fasi iniziali dell’eruzione avevano svuotato la camera magmatica (tra 3 e 5 km di profondità). Questo permise l’afflusso delle acque di falda, che trasformandosi istantaneamente in vapore ad altissima pressione provocarono il rigonfiamento del vulcano e una spaventosa esplosione (eruzione freato-magmatica), che coprì tutta l’area con una gigantesca nuvola di cenere nera.

Flussi piroclastici, con meccanismo da base-surge, scesero rapidamente lungo le pendici del vulcano, distruggendo ogni cosa e seppellendo Pompei, Oplonti e Stabia e i loro abitanti.

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Qualche giorno dopo, invece, Ercolano, risparmiata dalla pioggia di ceneri perché di trovava sottovento, fu sepolta da almeno tre colate piroclastiche ricche di pomici e sature d’acqua che ne mantenne relativamente bassa la temperatura.

Fino a poco tempo fa si riteneva erroneamente che Ercolano fosse stata investita da un lahar ma recenti studi hanno messo in luce la reale natura dei materiali che hanno investito la città.

L’eruzione cambiò la morfologia del vulcano che divenne una vasta caldera con la parete Nord più elevata. L’attuale edificio vulcanico, si formò proprio all’interno della caldera.

Eruzioni successive

Ci sono documentazioni di eruzioni successive nel 472, 1139 e 1631.

Dalla violenta eruzione del 1631 si sono avute fino ad oggi eruzioni relativamente tranquille con emissione di lava, intervallate da brevi periodi di quiescenza, fino all’ultima eruzione del 1944.

Nell’animazione del Museo di Melbourne i ragazzi potranno vedere e sentire proprio tutto: le nubi che scorrono nel cielo, gli uccelli che cantano, i cani che abbaiano, la prima “fumata” del vulcano, i terremoti, le tegole che cadono dai tetti a causa dei terremoti, il cielo che diventa scuro a causa dei detriti vulcanici, l’accumulo di ceneri e lapilli sui tetti delle case, il flusso piroclastico che scende dal lato sinistro della montagna, gli incendi, le case che crollano, il flusso piroclastico che ricopre la città, la fine di Pompei.

Ultimo consiglio: tapparelle abbassate, volume alto, schermo intero e… buon viaggio!

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