In questi ultimi mesi ho parlato spesso di attività da fare in classe con i ragazzi, ma non abbiamo ancora fatto due chiacchiere su quello che sappiamo fare meglio: la fase di spiegazione.

Lo ripeto, questo è quello che sappiamo fare meglio. Anni e anni di allenamento saranno pure serviti a qualcosa no? Forse però possiamo ancora avere un margine di miglioramento, almeno questo vale per me.

Mi piace spiegare, perché mi piace raccontare storie. Mi piace l’idea che i ragazzi attraverso le mie parole riescano a immergersi nella storia di una scoperta, nei processi della scienza, quella vera, che difficilmente emerge dalle pagine di un, seppur ottimo, libro di testo. A volte però, la spiegazione può diventare quasi un automatismo, i processi sono questi e così come sono te li racconto e l’unica cosa che posso fare per aiutarti a capire è cercare di essere chiara, insistendo sulle parti che sono più ostiche.

Cosa può aggiungere l’IBSE alla spiegazione che non facciamo già? È molto semplice, quella che cambia è la prospettiva.

Nella fase di EXPLAIN gli studenti vengono aiutati a focalizzare l’attenzione su particolari aspetti delle esperienze fatte attraverso la spiegazione dei concetti, l’introduzione del lessico scientifico appropriato e la discussione delle eventuali misconcezioni emerse nelle fasi precedenti.

Non si tratta più di aggiungere semplicemente un tassello nello svolgimento del programma, ma si tratta anche di aiutare i ragazzi a mettere i puntini sulle i, a correggere il tiro quando sbagliano, a far sì che ciò che hanno appena esplorato in prima persona diventi qualcosa di significativo e duraturo.

La spiegazione comincia, quindi, facendo un passo indietro, tirando fuori quanto emerso durante la fasi precedenti per mettere a confronto le conoscenze pregresse e le nuove conoscenze acquisite con l’esperienza, con la riflessione, con le conoscenze scientifiche note.

Ecco il cambio di prospettiva: la spiegazione mi serve perché così riesco a capire quello di cui ho fatto esperienza. A questo punto del lavoro, capire è diventato un bisogno, sono emerse tante domande, ne abbiamo discusso ma ora ho bisogno di sapere come stanno veramente le cose.

Solitamente, io parto dall’esperienza fatta la lezione precedente. Discutiamo quanto è emerso nella fase di esplorazione, i ragazzi si confrontano tra loro valutando le proprie spiegazioni anche alla luce di spiegazioni alternative: prima con un confronto tra pari e poi confrontando le proprie idee con le conoscenze scientifiche note.

È questo il senso della spiegazione, non si tratta di sentire come stanno le cose, si tratta, piuttosto, di mettere alla prova quanto credo di aver capito, di capire meglio quello che non sono riuscito ancora a capire, di volare ancora un po’ più in alto approfondendo un po’ le questioni.

Anche se ormai sto lavorando “a tempo pieno” sull’IBSE da oltre quattro anni, studiando, progettando, provando, correggendo il tiro… non sto ancora lavorando così in tutte le classi, almeno non in modo sistematico. Per scelta, sto facendo un percorso progressivo e verticale. Sono partita dalle classi prime, ho aggiunto quest’anno le seconde e nel tempo spero di riuscire a produrmi materiali anche per le classi successive.

Ci vuole tempo, pazienza e forse una buona dose di coraggio (o masochismo, non ho ancora capito bene) perché ribaltare l’insegnamento non è cosa da poco. Quello che posso dirvi, però, è che non mi sono mai pentita perché FUNZIONA. La prospettiva cambia davvero. Cambia la nostra, ma, cosa più importante, cambia quella dei ragazzi.

Mi ritengo un’insegnante davvero fortunata. Lavoro in una scuola relativamente piccola, insegno in un liceo scientifico e quindi i ragazzi sono di per sé “studiosi”, ma negli ultimi dieci anni ho assistito impotente a un fenomeno sempre più evidente. Arrivano in prima dotati di entusiasmo e voglia di fare, arrivano in quinta studiosi e per lo più disciplinati ma con gli occhi spenti.

Studiano perché sono stati “addestrati” a farlo, ma non sempre ciò che fanno ha un senso per loro. Lo fanno e basta. In questo periodo dell’anno, quindi, il quotidiano scolastico diventa per loro un fardello a volte insopportabile e li vedo combattere con il sonno e la stanchezza, e forse la noia, quasi tenendo fisicamente gli occhi aperti con le mani per non soccombere al sonno che vorrebbe prenderseli.

Questo non succede, però, nella mia prima e nelle due seconde dove lavoro diversamente. Anche la spiegazione è in qualche modo un processo attivo e i ragazzi restano coinvolti tutto il tempo.

In un ciclo di apprendimento IBSE la fase di spiegazione è quella che permette agli studenti di apprendere le informazioni di cui hanno bisogno per dare senso alle esplorazioni scientifiche fatte.

Nelle fasi precedenti, gli studenti hanno appreso in modo induttivo (hanno fatto domande, investigato, analizzato ed esplorato i concetti o le “idee” identificate dall’insegnante) e così hanno cominciato a costruire la propria comprensione. Ora che gli studenti hanno esperienze comuni collegate agli argomenti esplorati, possono apprendere i “concetti” e trasformare queste informazioni in conoscenza concreta.

La spiegazione è anche presentazione di fatti e informazioni e questa può assumere molti volti.

Leggere

La information literacy è la capacità di identificare, individuare, valutare, organizzare, utilizzare e comunicare le informazioni che provengono da una varietà di forme diverse.

Per gli studenti di scienze solitamente questo significa saper leggere testi informativi (non-fiction) allo scopo di estrarre fatti e informazioni da utilizzare per costruire la propria conoscenza. Per esempio, consideriamo la lettura di un articolo di un quotidiano che riporta questa informazione:
 il nubifragio che si è abbattuto a Genova nell’ottobre del 2014 ha causato danni stimati per circa 300 miliardi di euro.

Questa è sicuramente una informazione interessante ma cosa se ne fa uno studente?

Senza uno scopo per fissare questa informazione, rimane solo una informazione. Cosa succede, invece, se questa informazione emerge durante una discussione sui disastri naturali in Italia? Uno studente potrebbe, ad esempio, contribuire riguardo a questo “fatto” riportando che durante questo nubifragio è morta una persona, mentre nel settembre del 2000 l’alluvione a Soverato (Catanzaro) il bilancio è stato di 12 morti .

Per fissare questi “fatti”, gli studenti potrebbero allora discutere i criteri con cui vengono valutati i disastri naturali e si potrebbe ad esempio chiedere: quale evento è stato più distruttivo il nubifragio di Genova del 2014 o quello di Soverato nel 2000?

Oggi, anche grazie a internet, abbiamo una molteplicità di opzioni quando selezionano i testi informativi per i nostri studenti: libri di testo, articoli di periodici o giornali affidabili, libri divulgativi… L’ideale, lo sappiamo, sarebbe riuscire ad utilizzare una combinazione di queste risorse per aiutare i ragazzi a identificare informazioni rilevanti e cominciare a costruire la propria conoscenza utilizzando fonti diverse.

Da sempre, i libri di testo rappresentano le fonti di informazione tradizionali. Gli studenti vi trovano le informazioni già organizzate per unità, argomenti e sotto-argomenti, definiti dai titoli dei capitoli, dei paragrafi e dei sotto-paragrafi. I libri di testo coprono una gran quantità di concetti e argomenti e possono spiegarli in dettagli particolareggiati. Figure, grafici, tabelle e altre fonti visuali possono supportare il testo, ma il grosso delle informazioni è contenuto all’interno del testo stesso. Più alto è il livello scolare degli studenti, più i libri tendono, naturalmente, ad essere maggiormente dettagliati.

Nonostante i libri di testo siano il punto fondamentale dell’istruzione contenutistica, non dovrebbero essere l’unica opzione di lettura disponibile. Come ben sappiamo, gli articoli, ad esempio, possono essere una buona fonte di informazioni che fornisce maggiori esempi di vita reale. Possono cominciare con una storia o un collegamento alla vita reale e poi inseriscono fatti e informazioni all’interno della struttura della narrazione.

Per esempio, gli studenti potrebbero leggere un articolo che parla di una persona, un geologo che studia la posizione di formazioni rocciose per determinare se si è verificato un cambiamento a causa di un terremoto. L’articolo sul geologo e il suo lavoro fornisce agli studenti informazioni sui cambiamenti che avvengono nel nostro pianeta e su come comprendere questi processi aiuti gli scienziati a saperne di più sulla storia della Terra.

Anche se gli articoli non possono certo sostituire il ruolo del libro di testo, i ragazzi potrebbero trovare questo tipo di lettura più interessante e accessibile, rispetto al semplice aprire il libro di testo a pag. 324 e leggere i processi che modificano la superficie della Terra. Quelle stesse pagine del libro di testo (lette a casa) e la spiegazione dell’insegnante (a scuola) diventerebbero momenti di apprendimento decisamente più significativi.

Gli articoli possono essere ottime risorse anche per colmare una lacuna nella conoscenza contenutistica, quando il libro di testo, ad esempio, non ha quell’informazione o non entra a sufficienza nel dettaglio o non copre un aspetto particolare di un concetto che è necessario allo studente per imparare.

Gli articoli possono essere reperiti in pubblicazioni attendibili (Le scienze, National Geographic, BBC Science) e facili da comprendere anche per i ragazzi. Anche i quotidiani possono essere fonte di articoli con informazioni attuali, interessanti e rilevanti collegati alla loro comunità in cui vivono e al mondo che li circonda, ma necessitano di un maggiore controllo dal punto di vista scientifico.

Ascoltare le lezioni

Gli insegnanti durante la fase di EXPLAIN condividono la loro competenza, spiegano concetti importanti e dettagliati, chiariscono informazioni, attraverso lezioni. Oggi le lezioni possono assumere varie forme: lezioni frontali, conversazioni, video-lezioni, presentazioni interattive, per nominarne alcune.

A volte un esperto esterno sembra funzionare meglio e questo può avvenire in presenza, ma anche attraverso podcast, file digitali, video lezioni online o interviste skype.

Ascoltare per imparare

Ascoltare e guardare, però, non è abbastanza. Per interiorizzare l’apprendimento gli 
studenti dovrebbero comunque prendere appunti. Qualunque sia il formato scelto, gli studenti che prendono appunti hanno una registrazione permanente dell’apprendimento delle informazioni.

Dopo che gli studenti hanno letto o ascoltato le informazioni sui concetti scientifici, guidare discussioni può essere molto utile per rinforzare l’apprendimento, chiarire domande e incertezze che possono ancora avere. Si può decidere di fare una discussione di classe ponendo delle domande e chiedendo di rispondere a dei volontari. In questo modo però, questo tipo di discussione coinvolge realmente solo quelli che vi partecipano.

Ci sono altre tecniche che permettono di far parlare più studenti nella stessa quantità di tempo e queste possono essere discussioni di coppia o in piccolo gruppo e le tecniche di apprendimento cooperativo possono essere molto utili in questi casi.

Strategie utili per apprendere il lessico

Per aiutare i più piccoli, o i ragazzi stranieri in difficoltà con la lingua, ad apprendere il lessico specifico senza impararne a memoria le definizioni, una strategia utile potrebbe essere quella di far fare una tabella a tre colonne in cui inserire il termine, la definizione formale, e una spiegazione della definizione formale scritta con le proprie parole come questa:

lessico

Flipped Explain

Molto è già stato detto sulle Flipped Classrooms e la loro rilevanza nell’apprendimento. Si possono creare video ( o utilizzare video già presenti nel web) per quegli obiettivi che necessitano di una istruzione diretta.

Il video, però, non può essere semplicemente “somministrato”. Deve essere accompagnato da qualcosa da fare: ad esempio un breve questionario per la valutazione della comprensione dei concetti spiegati nel video da postare su Edmodo o su Moodle, o da attaccare sul quaderno. Oppure si può chiedere di prendere appunti sul video così come farebbero in classe ad esempio con la metodologia della Cornell University.

Il problema è però che questo ci caricherebbe ulteriormente di lavoro, perché se non correggiamo quanto fatto dopo un paio di volte non lo fanno più. La mia personale, e quindi discutibile, strategia consiste nel preparare una serie di domande sulla comprensione del video (una per ogni studente che abbiamo in classe) da assegnare insieme al video e poi, in classe, faccio cominciare la lezione successiva ponendo, in modo casuale, una domanda a ciascuno studente e discutendo insieme alla classe le possibili risposte. Questo li obbliga a guardare il video ma soprattutto a ragionarci sopra, perché, lo sappiamo bene, i ragazzi non fanno i compiti per amore della conoscenza e quindi dobbiamo in qualche modo obbligarli a fare quanto necessario.

Naturalmente è fondamentale assicurarsi che tutti gli studenti abbiano accesso ai video. Nel caso dispongano di un dispositivo ma non abbiano accesso a internet, si può masterizzare il video su un cd o copiarlo in una chiavetta usb.

Qui di seguito vi mostro i miei primi tentativi di videolezione. Ho ancora tanta strada da fare per migliorare, ma li ho usati con i ragazzi e “funzionano”, per cui ho intenzione di continuare gli sforzi di “produzione”.

Flipped classrooms e IBSE: un matrimonio perfetto

Flipped classrooms e IBSE sono davvero perfetti insieme, soprattutto quando la spiegazione riguarda argomenti in cui le informazioni devono essere semplicemente presentate e apprese. I video non sostituiscono il ruolo fondamentale dell’insegnante, ma permettono di reperire una risorsa preziosa e rara come l’oro: il tempo in classe.

Portando l’istruzione “diretta” fuori dal tempo classe (ad esempio lo scenario iniziale, le lezioni frontali, le spiegazioni prima di un laboratorio, le spiegazioni di attività, ecc.), infatti, si rende disponibile una quantità di tempo extra per gli eventi importanti che dovrebbero verificarsi in classe e che spesso vengono sacrificati: motivare gli studenti
, far emergere le conoscenze pregresse e scoprire le misconcezioni, esplorare sperimentale i fenomeni
, fornire maggiori chiarimenti sui contenuti, discussione e generalizzazione dei concetti, applicazione dei concetti appresi in situazioni nuove…

Sappiamo bene che nessuna singola strategia riuscirà a soddisfare le necessità di tutti gli studenti. Diversificare le azioni didattiche, però, ci consente di aiutare ad apprendere un numero maggiore di ragazzi. Se il miglioramento riguardasse anche un solo studente in più, ne sarà comunque valsa la pena.

Per saperne di più:

– Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il rendimento, (2002)
di David W. Johnson (Autore), Roger T. Johnson (Autore), Edythe J. Holubec (Autore), L. Marinelli (Traduttore) Ericson

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