Travolta… non da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, ma dal “solito” travolgente inizio dell’anno scolastico. Lezioni da preparare, consigli di classe, riunioni di programmazione…
Travolta… ma di nuovo qui pronta a scrivervi. Dalla pubblicazione del mio ultimo post ho ricevuto mail di colleghi che mi hanno riempito di gioia. Non solo per i complimenti, naturalmente graditi, ma per la voglia di fare e condividere che trasuda dalle loro parole. Siamo tanti, davvero tanti a vivere questo lavoro con passione e dedizione, sacrificando molto del nostro tempo libero per cercare di lavorare sempre meglio.
Non voglio lanciare anche da qui una ennesima (legittima) polemica verso tutto quello che sta succedendo nella scuola. Non mi piace l’idea del solito, anche se giustificato, lamento. Oggi voglio semplicemente constatare e celebrare quello che vedo grazie al web, ma soprattutto che vedo ogni giorno nella mia scuola dove quasi la totalità dei docenti è appassionato e lavora duramente.
Io sono sicuramente fortunata a lavorare in un ambiente così, con persone così in gamba, ma grazie al web, alle mail che mi mandate, a quelli di voi che a volte ho la fortuna di incontrare, io so che siete, permettetemi l’immodestia, siamo in tanti anche se nessuno parla mai di noi. La qualità, la professionalità, la passione non fa mai notizia. Quindi anche se molti di noi si dedicano con passione all’insegnamento, si parla solo di loro, dei pochi in cui la luce si è ormai spenta e dei rari che la luce accesa non l’hanno mai avuta.
Lo ripeto, non voglio fare polemica, sui social si discute già abbastanza (giustamente). Queste mie parole vogliono, invece, essere un lungo e sentito applauso a tutti voi, e permettetemi ancora, noi, che ogni giorno siamo qui alla nostra scrivania, con il naso sui libri o tra le pagine del web a cercare e studiare per provare strade nuove per loro, i nostri ragazzi, a cui teniamo come fossero figli nostri, con la speranza di accendere quella fiammella senza la quale nemmeno noi saremmo qui a scrivere e a parlare.
Va bene, ho capito…basta così ☺
Torniamo all’IBSE e alla natura della scienza. Dove eravamo rimasti? L’attività sulle tracce ingannevoli, certo! Anche questa attività l’ho sperimentata direttamente con William F. McComas, a Dublino. Come sempre vi consiglio la lettura del suo libro “The nature of Science in Science Education. Rationales and Strategies” (si trova anche usato), ma per farvi un’idea della pedagogia che sta alla base di queste attività e dell’importanza dell’insegnamento della natura della scienza in modo più “attivo” potete anche cominciare a leggere questo “The nature of science in Education. An introduction.” L’attività originale, presente nel libro di McComas è di Norman Lederman e Fouad Abd-el-Khalick. Bene! Dopo avervi dato i dovuti riferimenti, vi racconto com’è andata in classe e cosa ho fatto esattamente.
Usare l’inferenza per risolvere il problema delle tracce ingannevoli. (60 minuti circa)
Se ricordate, i ragazzi a questo punto della lezione avevano già lavorato sulla differenza tra osservazione e inferenza (prerequisiti per questa attività). La lezione successiva ho cominciato proiettando una parte dell’immagine delle tracce (per darvi un’idea solo il rettangolo a sinistra-position1. Per motivi di copyright non posso pubblicare qui l’immagine realmente utilizzata tratta dal libro di McComas, ma ho trovato questa nel web).
Individualmente, osservate attentamente le tracce e scrivete una breve descrizione di ciò che pensate sia accaduto. Avete 3 minuti!
Trascorso questo tempo (uso sempre il timer del cellulare), ho chiesto ai ragazzi di condividere con la classe il loro racconto. Come sempre i ragazzi sono pieni di fantasia e davvero attenti ai particolari.
Mentre scrivevano sul quaderno le loro storie li ho osservati attentamente. Alcuni hanno subito cominciato a scrivere e non finivano più, ma altri erano davvero perplessi e li ho visti un po’ smarriti. Quando ho chiesto di condividere i loro racconti ho cominciato lasciando parlare parlare per primi un paio di “entusiasti” ma poi ho chiesto a quelli che ho visto più in difficoltà di raccontare la propria storia.
Quando si comincia a lavorare in modo non frontale con ragazzi che non sono abituati e/o che non ti conoscono ancora bene (nel mio caso entrambe le cose visto che si tratta di ragazzi di prima e siamo ancora a settembre!) è fondamentale che capiscano che possono fidarsi del loro intuito e dei loro pensieri e che non si sentano mai giudicati. La fiducia nell’insegnante in questa fase è essenziale. Devono capire che non ci si aspetta da loro che sappiano già tutto in anticipo, che non sempre c’è una risposta esatta da dare, ma che si sta chiedendo loro di riflettere e dire sinceramente cosa pensano. Il rinforzo positivo è essenziale sempre, ma quando devono mettersi in gioco su cose mai viste/fatte è fondamentale.
Dopo qualche minuto di discussione a livello di classe, dove la maggioranza ha attribuito le impronte a uccelli di specie diversa, di sesso diverso o di dimensioni diverse, ho mostrato una parte più ampia del disegno delle tracce (ho aggiunto il rettangolo centrale della position 2).
Ora in gruppi di due, osservate le nuove tracce e stabilite cosa può essere successo qui.
Quasi tutti hanno pensato a un combattimento tra i due, qualcuno, invece, ad una sorta di danza di corteggiamento. Infine ho mostrato il disegno completo.
E ora? Cosa ne pensate?
Dopo aver lasciato 2-3 minuti per confrontarsi e decidere e condiviso a livello di classe alcune delle storie ho chiesto:
Sulla base di quanto avete scoperto finora, pensate che riuscirete mai a sapere cosa sia accaduto veramente? Cosa potreste fare per scoprire qualcosa di più? Avete al massimo 10 minuti per discuterne.
Naturalmente i ragazzi ritengono che sia impossibile sapere esattamente cosa sia successo e pensano che un modo per provare a capire meglio sarebbe cercare di identificare a chi appartengono le impronte per documentarsi, ad esempio, sui loro stili di vita.
Secondo voi, di chi sono le impronte?
La maggior parte pensa si tratti di uccelli, ma una ragazza rilancia dicendo che potrebbero essere anche canguri. A questo punto la discussione si accende perché molti sostengono che i canguri lascerebbero anche l’impronta delle code e nel disegno non si vedono. Da qui partono un sacco di idee ma le devo arginare per andare avanti.
Analizziamo meglio le impronte… potrebbero in effetti essere uccelli?
Canguri?
O Dinosauri?
I dinosauri piacciono sempre molto, ma naturalmente il punto è che non possiamo saperlo con certezza con quello che abbiamo a disposizione.
Prima di andare avanti vi racconto altre storie possibili.
Un uccello grande e un uccello piccolo hanno combattutto e quello grande ha vinto. Un’anatra e un uccello piccolo hanno combattuto e l’uccellino piccolo è volato via. Un’anatra e un piccolo uccello hanno combattuto e l’uccellino è saltato sopra quello più grande. Le impronte non sono state lasciate nello stesso momento così non c’è alcuna storia tra i due. Forse un uccello aveva lasciato del cibo in un punto e un uccello più piccolo lo ha trovato. Una mamma canguro e il suo piccolo stavano camminando insieme finchè il piccolo si è infilato nel marsupio per fare un pisolino. Forse i due animali stanno entrambi camminando all’indietro Le due piste sono state fatte da un maschio e da una femmina della stessa specie. Il maschio più grande ha cercato di corteggiare la femmina, ma lei ha preso le distanze.
Abbiamo raccontato tante storie, ma quali sono le osservazioni che avete fatto sull’immagine che vi ho mostrato?
I ragazzi riprendono parti della loro storia e per lo più parlano di impronte grandi e piccole.
In realtà si potevano osservare solo due insiemi di segni neri: uno di segni più grandi a sinistra e uno di segni più piccoli a destra, c’è poi un’area in cui i segni neri si mescolano. Quelle che voi avete definito osservazioni sono invece…
Inferenze, rispondono, rendendosi conto ancora una volta che non è ancora facile per loro distinguere un’osservazione da una inferenza. Ragionano ancora in modo automatico, ma è naturale. Ne discutiamo ancora un po’.
Allora… ancora una volta abbiamo cercato di lavorare “pensando come scienziati”. Attraverso le attività che abbiamo fatto in questi giorni abbiamo compreso che il lavoro degli scienziati comporta osservazioni e inferenze, che ci sono spesso molte risposte plausibili alle domande che gli scienziati si pongono partendo dalle osservazioni fatte, che queste risposte devono avere coerenza con le evidenze sperimentali e che non si può mai trovare la risposta assolutamente certa, immutabile e definitiva! Osservazioni, inferenze e previsioni sono gli elementi necessari per formulare IPOTESI e progettare investigazioni. Ma cos’è un’ipotesi?
Spesso confondono le ipotesi con le previsioni. Li lascio rispondere e confrontarsi un po’ e poi fornisco una definizione.
Un ‘ipotesi è una supposizione, un’idea provvisoria, una possibile spiegazione di un fatto o di un fenomeno, una possibile risposta ad una domanda di ricerca. Un’ipotesi non è necessariamente valida, ma deve essere plausibile e pertinente alla domanda di ricerca. Deve anche essere testabile/verificabile. Osservate questa foto:
Ragioniamo insieme sulle osservazioni (ad esempio c’è un orso, ci sono dei pesci, c’è dell’acqua con la schiuma) e sulle possibili inferenze (ad esempio, l’acqua scorre rapida perché c’è la schiuma bianca). Qualcuno ipotizza che i pesci siano salmoni perché sembrano saltare a ritroso lungo il fiume, altri dicono che stanno saltando e basta e che potrebbero anche essere trote. Proietto questa affermazione:
I salmoni nascono in acque dolci fredde, migrano verso il mare, dove trascorrono gran parte della loro vita, poi ritornano nello stesso luogo in cui sono nati per riprodursi. Questa è una osservazione o una inferenza?
Qualcuno pensa ancora si tratti di una inferenza, ma molti hanno cominciato a ragionare bene e supportano il fatto che si tratti di una osservazione. Mostro un breve video che racconta le osservazioni degli scienziati sulla vita dei salmoni e poi chiedo:
Come fanno i salmoni a ritornare dove sono nati?
Dopo aver ascoltato ciò che sanno sui salmoni, propongo due possibili ipotesi:
Ipotesi 1: I salmoni memorizzano il tragitto percorso.
Ipotesi 2: I salmoni utilizzano come bussola per le grandi distanze il campo magnetico terrestre e poi si orientano con vista e olfatto quando sono in prossimità del luogo da raggiungere.
Voglio spiegare loro la natura del processo scientifico attraverso questo esempio, per cui parto dicendo che l’ipotesi 2 è quella al momento maggiormente supportata da evidenze. Leggiamo quindi un estratto da un articolo tratto Focus:
Secondo uno studio condotto da Kenneth Lohmann dell’Università del North Carolina a Chapel Hill e dai suoi collaboratori, i salmoni, la prima volta che guadagnano il mare, sarebbero infatti in grado di memorizzare le caratteristiche del campo magnetico per sfruttarle quando, intorno ai 4 anni di età, dovranno cercare il luogo dove sono nati. All’inizio del 2013 un nuovo studio, della Oregon State University, ha confermato questa teoria studiando i dati raccolti in 56 anni di osservazioni delle migrazioni dei salmoni rossi (Oncorhynchus nerka) dall’oceano al fiume Fraser in British Columbia. La rotta seguita dai pesci intorno all’isola di Vancouver sembra essere determinata proprio dalla percezione dei cambiamenti dell’intensità del campo magnetico.
Ne discutiamo un po’ e prima di concludere la lezione pongo ancora una volta l’accento sulla differenza tra ipotesi e previsione sottolineando che è proprio sulla base delle ipotesi vengono formulate le previsioni, che servono per progettare la verifica delle ipotesi fatte: un’investigazione/un esperimento per la raccolta di dati/osservazioni.
A questo punto siamo pronti per esplorare le investigazioni scientifiche. Cubi misteriosi ci attendono!
I complimenti sono per Lei e giusto per portarla oltre la scienza (ma non oltre la metafisica…) La invito alla lettura di un testo che già dal titolo si proietta…oltre. 🙂
La pesca del salmone nello Yemen, di Paul Torday
Ciao almagesta
Claudio
[…] Explore (seconda parte) […]
[…] Lo so può sembrare un paradosso, sono una biologa e un’insegnante di scienze ma io la natura della scienza ho cominciato a comprenderla veramente solo da quando l’IBSE è entrato nel mio modo di vedere l’insegnamento. Anzi, a dirla tutta, so anche qual è stato il momento esatto in cui ho cominciato a capire che in tanti anni, in realtà, non avevo ancora capito niente: era il 2012, ero a Dublino alla Establish and SMEC Conference e stavo partecipando ad un workshop proprio sulla natura della scienza con William McComas. […]