La settimana scorsa, in terza, ho cominciato a spiegare la genetica molecolare. Dopo aver descritto gli esperimenti che portarono a comprendere che il vettore dell’informazione genetica è il DNA e non le proteine, come si tendeva a ritenere, è arrivato il momento di raccontare come si è arrivati a determinare l’effettiva struttura tridimensionale del DNA.

Il libro di testo, rispondendo al requisito del “presto e bene”, che le nuove indicazioni ministeriali in un certo senso impongono (tre discipline diverse con sole tre ore alla settimana), presenta un resoconto asciutto e corretto dei fatti:

Nel laboratorio di Wilkins, Watson osservò un’immagine cristallografica del DNA ottenuta da una collega di Wilkins, Rosalind Franklin. […] Watson e Crick, usando modelli molecolari in filo metallico, tentarono di costruire una doppia elica che fosse conforme ai dati di Rosalind Franklin sia a ciò che si sapeva a quel tempo della chimica del DNA.[…] Per il loro straordinario contributo alla biologia molecolare e alla genetica, illustrato con un breve articolo pubblicato sulla rivista Nature nel 1953 Watson, Crick e Wilkins ricevettero il Premio Nobel per la Medicina nel 1962. Rosalind Franklin non poté essere candidata perché mori di cancro nel 1958.

Cosa è meglio fare? Limitarsi ai “fatti” e andare avanti o fermarsi a riflettere oltre che sui processi scientifici anche sugli esempi di scienza “disonesta”? È già maggio, il tempo stringe ma io proprio non ce la faccio a tirare dritto senza raccontare come sono andate veramente le cose.

Nel 2002, Brenda Maddox, giornalista e scrittrice, ha pubblicato un libro, Rosalind Franklin – La donna che scoprì la doppia elica del DNA (Le scie Mondadori), in cui ha ricostruito più fedelmente la vita di questa scienziata, scomparsa prematuramente, all’età di 37 anni per un tumore alle ovaie, attraverso l’analisi della sua corrispondenza privata e le interviste sia agli amici e colleghi che ebbero un ruolo importante nella sua vita che agli scienziati che contribuirono alla scoperta, fra cui Francis Crick, Maurice Wilkins e lo stesso James Watson.

9788804526353

Da quando ho letto questo libro non sono più riuscita a “tirar dritto” e mi soffermo sempre a raccontare come sono andate veramente le cose.

1962: James Watson, Francis Crick e Maurice Wilkins ricevono il Premio Nobel per la medicina per le loro scoperte sulla struttura molecolare degli acidi nucleici e il loro significato nel meccanismo di trasferimento dell’informazione negli organismi viventi. for their discoveries concerning the molecular structure of nucleic acids and its significance for information transfer in living material.

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1968: James Watson pubblica il libro La doppia elica, un’autobiografia, in cui racconta gli eventi che lo portarono, insieme a Crick e Wilkins, alla scoperta della struttura del DNA.

Nel suo libro, Watson parla anche di una scienziata, allora poco conosciuta, di nome Rosalind Franklin che identifica come la giovane assistente di Maurice Wilkins. Il ritratto che Watson fa di Rosalind, anzi della terrible Rosy, non è per nulla lusinghiero.

Fin dal primo momento in cui Miss Franklin mise piede nel laboratorio di Maurice, i due cominciarono a litigare. Maurice, alle prime armi nel campo della diffrazione dei raggi X, aveva chiesto un assistente e sperava che Rosy, esperta cristallografa, lo aiutasse validamente nelle sue ricerche. Ma Rosy aveva tutt’altre intenzioni. Sosteneva che il DNA era un problema suo e non voleva assolutamente mettersi al servizio di Maurice. Maurice sulle prime sperò che Rosy si calmasse, almeno ho questa impressione. Ma bastava un’occhiata per capire che la ragazza aveva il suo caratterino. Di proposito non faceva nulla per mettere in rilievo la sua femminilità. Malgrado i lineamenti un po’ marcati, non mancava di attrattive e avrebbe avuto il suo fascino se si fosse occupata un minimo del suo abbigliamento. Ma se ne guardava bene. Non metteva un filo di rossetto che facesse risaltare i capelli neri e lisci, e a trentun anni vestiva con la fantasia di un’occhialuta liceale. Si era indotti a credere che fosse il prodotto di una madre insoddisfatta, che avesse sottolineato esageratamente i vantaggi di una carriera per salvare una ragazza intelligente dal pericolo di sposare una nullità. Ma non era affatto così: la sua vita austera, tutta dedita allo studio, non aveva assolutamente questa origine. Rosy proveniva da una famiglia di banchieri, colta e agiata. C’erano due soluzioni: o la ragazza se ne andava o la si metteva in riga. […] Sfortunatamente Maurice non trovava un modo decente di liberarsi di Rosy.

James D. Watson, La doppia elica, Garzanti pag. 50-51

Nel suo libro, la Maddox racconta che quando il libro di Watson era ancora una bozza, la Harvard University Press, che aveva intenzione di pubblicarlo, chiese di far leggere le bozze a tutti quelli che Watson aveva menzionato. Le reazioni non furono per niente positive. Wilkins reagì con sdegno e Crick addirittura con rabbia.

<<Per quanto riguarda Rosalind>> scrisse Maurice Wilkins a James Watson nel 1966 <<nel tuo libro c’è nessun accenno al fatto che sia morta?>>

(Brenda Maddox,Rosalind Franklin – La donna che scoprì la doppia elica del DNA, Le scie Mondadori, pag. 285)

Rosalind era già morta e non poteva più difendersi, quindi il libro fu spedito anche a suo fratello Colin che, offeso, spedì immediatamente un cablogramma in cui deplorava l’azione di <<diffamare i morti>>, cosa che Watson definì <<una reazione piuttosto isterica>>. (pag. 285)

A seguito delle molte lamentele, Watson considerò, quindi, la possibilità di “correggere il tiro” aggiungendo un epilogo, ma anche questo si mostrò fiacco. Watson ammise solo che Rosalind fosse stata una valida scienziata e che lui, giovane e maschio, non avesse riconosciuto le difficoltà che aveva dovuto affrontare una donna costretta a farsi strada nel mondo maschile della scienza.

Le revisioni fatte da Watson alle prime bozze del libro non bastarono a placare gli animi. Wilkins dichiarò che il libro di Watson fosse ingiusto nei suoi confronti, nei confronti di Crick e di quasi tutti quelli che vi erano menzionati ad eccezione di Watson stesso e come tale che per una stamperia universitaria fosse vergognoso pubblicare un libro che mostrava tanta immaturità e cattivo gusto. I revisori della Harvard University Press decisero, quindi, di non pubblicarlo e persero così l’occasione di pubblicare quello che poi divenne, comunque, un best seller. Nel nuovo libro, però, il ritratto di Rosalind rimase comunque quello della prima bozza.

Ma chi era veramente terrible Rosy?

Rosalind Franklin nacque a Londra nel 1920 da una famiglia ebrea agiata e con tradizioni filantropiche. Fin da piccola Rosalind mostrò di avere un’intelligenza vivace. La sua famiglia la mandò a studiare alla St. Paul’s Girls’ School che, nonostante il nome, non aveva però affiliazioni religiose ma aveva forti tradizioni nella preparazione delle ragazze per una carriera. A scuola Rosalind era la migliore nelle materie scientifiche ma allo stesso tempo si divertiva praticando ogni tipo di sport (tennis, hockey, lacrosse, football, cricket). Mentre Rosalind cresceva ed eccelleva negli studi, Hitler e il Nazismo si facevano largo in Europa e i Franklin si diedero molto da fare per aiutare e dare asilo agli ebrei che riuscivano a scappare in Inghilterra.

Nel 1938, Rosalind arriva al Newnham College, uno dei collegi per donne dell’Università di Cambridge, dove studierà una nuova materia che segnerà positivamente la sua carriera: la cristallografia a raggi X. Cambridge le diede la migliore istruzione possibile e lei fece fruttare i suoi talenti. Alla fine della guerra, le fu offerto il lavoro dei suoi sogni: un posto da ricercatrice in uno dei migliori laboratori di Parigi. Rosalind affittò, quindi, un appartamento in una stradina vicino alla chiesa di St. Sulpice nel sesto arrondissement e mentre perfezionava la sua tecnica di diffrazione ai raggi X condusse una vita felice indossando i vestiti all’ultima moda di Dior, cucinando per gli amici e facendo arrampicate in montagna (altra sua passione). A Parigi riuscì a guadagnarsi una reputazione internazionale parlando a conferenze importanti e pubblicando su riviste specializzate.

Dopo quattro anni, John T. Randall, membro della Royal Society, le offrì un posto al King’s College di Londra e nonostante mille dubbi e incertezza Rosalind prese la decisione di “tornare a casa”.

Arrivò al King’s College il 5 gennaio 1951 piena di speranze per il futuro, ma le cose non andarono come aveva sperato.

A Rosalind fu subito detto che le donne non erano ammesse nella sala riunioni dei professori anziani del King’s, che fungeva anche da sala da pranzo […] si sentiva arrabbiata ed esclusa: era come se il suo lavoro non fosse preso seriamente. Ma non avrebbe dovuto meravigliarsi: a Londra, a quell’epoca, era la norma. (p.122)

Rosalind era stata assunta da Randall per allestire un laboratorio di analisi cristallografica con raggi X per indagare sulla struttura del DNA. All’inizio degli anni Cinquanta le donne impegnate nella ricerca scientifica erano ancora una rarità, soprattutto in Inghilterra. Nonostante Randall fosse anomalo per la sua epoca, per il risalto che dava alle donne scienziate, “dimenticò” di dirle che, in una stanza vicina, Maurice Wilkins stava già lavorando sullo stesso problema. Allo stesso tempo, Randall non si preoccupò di informare nemmeno Wilkins dell’incarico assegnato alla Franklin e così egli credeva che lei fosse un tecnico assunto per occuparsi delle analisi che lui non era in grado di eseguire. Questo equivoco fece sì che, fin dall’inizio e per un lungo periodo, i rapporti tra i due scienziati non fossero per niente cordiali.

Nel maggio del 1951, Wilkins partecipò ad un convegno sulle macromolecole che si tenne alla Stazione zoologica A. Dohrn di Napoli dove mostrò una diapositiva del DNA ottenuta con la diffrazione dei raggi X e spiegò che i laboratori del King’s College si stavano dedicando allo studio degli acidi nucleici con la tecnica della cristallografia allo scopo di riuscire a comprendere la struttura tridimensionale del gene.

Tra il pubblico riunito a Napoli c’era anche James Watson,

un giovane fuori dal comune visto che era dottore a soli ventitré anni (p.135)

L’inglese asciutto e scarno di Maurice non lasciava trasparire entusiasmo, mentre egli affermava che la sua diapositiva presentava molti particolari in più rispetto alle fotografie finora esistenti e si poteva senz’altro considerare prodotta da una sostanza cristallina. Una volta conosciuta la struttura del DNA, saremmo stati meglio in grado di capire come opera il gene. (Watson, La doppia elica, Garzanti, pag. 59)

Watson fece di tutto per conoscere meglio Wilkins per farsi invitare a Londra, ma non ottenne soddisfazione. Poco tempo Watson fu comunque invitato al Cavendish, un famoso laboratorio alla Cambridge University, dove il Premio Nobel, Sir Lawrence Bragg era rettore. Qui, gli venne assegnato un ufficio insieme ad un altro fisico, Francis Crick, un vecchio amico di Wilkins. Crick e Watson andarono subito d’accordo.

Rosalind intanto aveva attenuto risultati davvero notevoli. Aveva scattato delle foto dettagliate e molto nitide che rivelarono qualcosa che nessuno aveva mai notato prima: esistevano due forme del DNA che vennero chiamate A e B.

Nel frattempo, però, le cose tra Rosalind e Wilkins andavano sempre peggio a causa del non chiaro comportamento di Randall che faceva credere ad entrambi di essere i responsabili del lavoro sperimentale con i raggi X. Ad un certo punto però, nell’ottobre del 1951 Randall fu costretto a riconoscere i dissapori tra i due. Li convocò entrambi nel suo ufficio e da una sorta di negoziato fu stabilito che da quel momento in poi Rosalind si sarebbe concentrata sullo studio della forma A, mentre Wilkins sulla forma B.

Da quel momento in poi, ogni comunicazione tra i due, di fatto, cessò. (Maddox, pag. 147)

Dopo la drammatica suddivisione del lavoro, Rosalind si gettò a capofitto nella raccolta e nell’analisi dei dati. Nel novembre del 1951, il King’s College ospitò un convegno sulla struttura degli acidi nucleici in cui la Franklin descrisse quanto aveva scoperto sulle due forme del DNA. Tra il pubblico c’era James Watson a cui Rosalind non fece una buona impressione a causa del suo aspetto. Come scriverà nel suo libro, infatti: mi sorpresi a chiedermi per un momento che aspetto avrebbe avuto senza occhiali e con un’altra pettinatura.

Crick e Watson stavano pianificando di usare un approccio diverso per risolvere il problema della struttura del DNA: costruire un modello. Dopo pochi giorni, infatti, Watson e Crick invitarono gli scienziati del King’s College per mostrare il loro modello di DNA. In realtà, si trattò di un totale fallimento.

I due scienziati non conoscevano abbastanza la cristallografia per riuscire ad interpretare correttamente i dati della Franklin. Lawrence Bragg, il capo del Laboratorio di Cavendish, dove Watson e Crick lavoravano, si sentì così umiliato dal loro fallimento che gli vietò di continuare a lavorare alla costruzione di un modello del DNA. Ma, nonostante tutto, i dati della Franklin continuarono ad arrivare nelle mani dei due scienziati tramite l’inconsapevole Wilkins, amico di Crick.

Mentre Watson e Crick riflettevano sul loro modello, Rosalind continuava a raccogliere dati e fu così che, nel maggio del 1952, scattò quella che divenne la famosa foto 51, l’immagine più nitida mai ottenuta della forma B del DNA.

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Purtroppo però, i rapporti con i colleghi erano ormai profondamente logorati e Rosalind era così infelice che ormai tutti la chiamavano la Dark Lady. Entro la fine dell’anno avrebbe terminato di analizzare i suoi dati, avrebbe scritto le sue scoperte e poi se ne sarebbe andata da lì.

In questo periodo di transizione, qualcuno diede la foto 51 a Wilkins e Wilkins la mostrò a Watson. Anche Peter Pauling, figlio del famoso Linus Pauling, al Cavendish, stava lavorando alla costruzione di un modello tridimensionale di DNA, ma Pauling non aveva a disposizione una buona fotografia a raggi X su cui poter lavorare, così arrivò a proporre un modello che si rivelò ben presto errato: un DNA a tripla elica con le basi rivolte verso l’esterno della struttura.

Watson sapeva che se Pauling avesse visto la foto della Franklin avrebbe potuto correggere il suo modello e arrivare per primo alla realizzazione di un modello corretto. In una sorta di corsa contro il tempo, Watson andò al King’s College per portare la notizia che il modello di Pauling non quadrava (la doppia elica pag. 141).

Wilkins era occupato per cui Watson andò nello studio di Rosalind sperando fosse libera. La porta dello studio era socchiusa per cui Watson la aprì e trovò Rosalind intenta a misurare una fotografia. […] Watson cercò di mostrarle il lavoro di Pauling forse con l’intento di convincerla del fatto che se lei non avesse condiviso i suoi dati con lui e Crick, Pauling li avrebbe battuti sul tempo risolvendo per primo la struttura del DNA soprattutto perché a lei mancavano le competenze necessarie per interpretare correttamente le fotografie ai raggi X. D’improvviso Rosy uscì da dietro il bancone che ci separava e mosse alcuni passi verso di me. Temendo che accecata dalla collera arrivasse a schiaffeggiarmi, afferrai il manoscritto di Pauling e mi affrettai verso la porta aperta (La doppia elica, pag. 142).

Nell’uscire dallo studio di Rosalind, Watson si imbatté in Wilkins che alla fine gli mostrò la foto 51.

Quando vidi la fotografia rimasi a bocca aperta e sentii il cuore battermi più forte. […] bastava guardare la fotografia per individuare alcuni dei parametri elicoidali fondamentali (La doppia elica, pag.144).

Dalla foto era possibile calcolare le lunghezze e gli angoli di legame tra le diverse componenti del DNA e determinare le principali “misure” della molecola: si trattava di una doppia elica con un diametro di 2 nm e ogni giro dell’elica aveva una lunghezza di 3,4 nm.

Di ritorno a Cambridge, Watson disegnò uno schizzo della foto 51 sulla rivista che aveva con sé. Con i dati di Rosalind in mano, lui e Crick andarono da Bragg, il capo del laboratorio, e così ottennero il permesso di ricominciare a lavorare alla costruzione di un modello di DNA. Era il 4 febbraio 1953.

Praticamente avevano già tutte le informazioni necessarie: si trattava di due filamenti, ciascuno con zuccheri e fosfati, orientati in direzioni opposte (filamenti antiparalleli). Ciò che restava da stabilire era come erano disposte le basi azotate: verso l’esterno, come nel primo modello che avevano costruito, o verso l’interno come sosteneva Rosalind?

Fu proprio il lavoro sperimentali di Rosalind Franklin che guidò Watson e Crick a risolvere il mistero della struttura del DNA.

Sabato, 28 febbraio 1953, Watson e Crick entrarono in un pub e Crick annunciò: “Abbiamo scoperto il segreto della vita!”

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Ora dovevano però dimostrare che il modello fosse corretto e ancora una volta avevano bisogno di Rosalind.

A Maurice bastò dare un’occhiata al modello per approvarlo immediatamente. […] ora dovevano confrontare scrupolosamente i dati sperimentali ai raggi X con lo schema di diffrazione che il nostro modello faceva prevedere. Maurice tornò a Londra, deciso a misurare quanto prima le riflessioni critiche. Non c’era traccia di amarezza nella sua voce, e io mi sentii molto sollevato. Avevo temuto di vederlo con la faccia scura, risentito perché ci eravamo accaparrati una parte della gloria che avrebbe dovuto toccare tutta a lui e ai suoi giovani collaboratori. […] due giorni dopo ci telefonava già da Londra per comunicarci che l’ipotesi della doppia elica era validamente sostenuta dai dati ottenuti da lui e da Rosy con i raggi X. Contavano di stendere una nota sui loro risultati e volevano pubblicarla contemporaneamente al nostro annuncio. […] il gruppo del King’s College non avrebbe però mandato una sola relazione: Rosy e Goslin intendevano annunciare i loro risultati separatamente da Maurice e dai suoi collaboratori (La doppia elica pag. 172-173).

Secondo Brenda Maddox, il ruolo di Rosalind nella grande scoperta venne oscurato da una serie di manovre fatte alle sue spalle.

Il fatto era che Watson e Crick volevano pubblicare velocemente per battere Pauling sul tempo, ma erano trattenuti dal fatto imbarazzante che tutti i dati sperimentali che avevano portato alla scoperta erano stati compiuti da un istituto rivale, ossia al King’s College. I dati di Rosalind non dovevano essere pubblicati. Secondo la Maddox, Bragg, del Cavendish, e Randall, del King’s College, si accordarono con gli editori di Nature per pubblicare tre articoli sullo stesso argomento: per primo quello di Watson e Crick, per secondo quello di Wilkins e per ultimo quello di Rosalind in modo che le scoperte della Franklin confermassero semplicemente il modello di Watson e Crick invece di fornire i dati essenziali usati per crearlo.

La Franklin, in realtà, aveva scritto il suo articolo già un mese prima di vedere il modello di Watson e Crick.

Cosa avrebbero potuto fare Watson e Crick senza i dati di Rosalind Franklin? In realtà quasi nulla.

Al momento della pubblicazione dell’articolo, Rosalind se n’era già andata dal King’s e lavorava al Birkbeck College a Londra dove lavorò in serenità fino al 1958. Qui fece ciò che lei stessa definì la sua più grande scoperta, scoprendo la complessa struttura del virus del mosaico del tabacco. Collaborò con Aaron Klug che più tardi vinse un Premio Nobel.

Nel 1956 le fu diagnosticato un cancro probabilmente causato dal suo lavoro con i raggi X. Rosalind morì il 16 aprile 1958, lavorando fino alla fine.

Tutto quello che accadde poi lo conoscete già.

Per saperne di più:

  • Brenda Maddox, Rosalind Franklin – La donna che scoprì la doppia elica del DNA (Le scie Mondadori)
  • James D. Watson, La doppia elica, Garzanti Elefanti
  • Biopic

Per un’attività CLIL:

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=0tmNf6ec2kU&w=420&h=315]

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