Cosa si intende per classe digitale? Gran bella domanda. Avete una risposta semplice? Io ancora no. Nella mia scuola sono ormai due anni che abbiamo una sezione dedicata, ossia definita “digitale”, e facendo un bilancio di questa, seppur poca, esperienza in questi due anni ho capito alcune cose:
- l’entusiasmo non sempre è sufficiente
- se in una classe tradizionale il tempo è tiranno, in una classe digitale il tempo è il capo dell’ISIS
- sbagliando s’impara.
Immagino cosa starete pensando leggendo queste poche righe: il trionfo dell’ovvio.
In effetti è così, ma credo che sbattere contro il muro dell’ovvio sia non solo inevitabile quando si fanno esperienze nuove, ma anche importante per capire in che direzione andare o, per lo meno, non andare più.
Digitale non significa avere un computer per ogni studente
Nella mia scuola, due anni fa, siamo partiti da qui. Non avendo la possibilità economica di fornire un computer (o un tablet) a ciascuno studente, abbiamo ridotto il tetto di spesa dei libri di testo evitando di adottarne qualcuno (ad esempio i libri di scienze) per permettere alle famiglie di risparmiare qualcosa sulla spesa dei libri e poter così comprare un dispositivo da utilizzare ogni giorno in classe.
Il secondo passo è stato quello di cominciare ad utilizzare Google Classroom, un cloud, ormai noto a tutti, contenente una serie di applicazioni Google gratuite, “luogo sicuro” da far utilizzare ai ragazzi senza alcun tipo di preoccupazione. Novità assoluta per noi, che ci siamo naturalmente formati sull’uso di questa piattaforma, e novità per i ragazzi che, naturalmente, hanno imparato ad usare tutti gli strumenti alla velocità della luce.
Passato il primo momento di entusiasmo, l’uso di Classroom è diventato un incubo per noi e per loro. Sempre connessi e a disposizione noi (immaginate di avere 8-9 classi e dover essere continuamente connessi e a disposizione per le richieste dell’ultimo momento), sempre connessi e a disposizione loro (ad esempio conosco qualcuno che posta i compiti da fare per il giorno dopo all’ultimo momento o il sabato notte per il lunedì). In realtà, però, Classroom è uno strumento utile e molto versatile ma poterlo usare e saperlo usare sono due cose molto diverse. Usare Classroom solo per condividere materiali risparmiando in fotocopie o assegnare compiti per casa è decisamente un uso riduttivo, ma il cambiamento richiede tempo, pazienza e perseveranza, giusto?
Visto che nessuno di noi aveva in realtà idea di cosa poter fare con tutti questi strumenti digitali a nostra disposizione, abbiamo cominciato con la progettazione e la realizzazione di progetti interdisciplinari, con tanto di pausa didattica, per la realizzazione di un prodotto finale. A dirla tutta, sono venute fuori cose carine. Sappiamo bene che i ragazzi sono fantastici quando li metti a “fare”. Ad esempio, quest’anno tra i prodotti finali del progetto, i ragazzi hanno realizzato un sito web dove inserire tutti i materiali prodotti.
Oltre a ciò, ognuno di noi, nel suo piccolo, ha tentato di introdurre nel quotidiano anche l’uso di alcuni strumenti utili, ma ci siamo dovuti scontrare anche con alcuni problemi, non ultimo il fatto di dover controllare a vista i ragazzi che non sempre usano questi dispositivi nel modo corretto.
Ad esempio, qualche settimana fa stavo spiegando il ciclo vitale delle stelle e noto che un mio studente segue attento la mia analisi di un diagramma sorridendo felice al monitor del suo computer. Avrei potuto semplicemente dire a me stessa “ il fanciullo è ispirato e felice!”, ma, giusto per farmi un po’ di male, facendo finta di nulla e continuando a parlare mi sono mossa verso di lui e così ho sentito il frastuono del mio sogno di grande ispiratrice che si infrangeva, perché il tesorino stava amabilmente facendo dell’altro.
Anche in altre occasioni avevo avuto la sensazione che alcuni stessero navigando in acque diverse dalle mie, ma i ragazzi sono meglio di Clint Eastwood mentre maneggia la sua pistola, perché hanno il click più veloce del west e se si accorgono che li hai “sgamati” cambiano pagina così velocemente che quando arrivi a controllare non solo sono già sulla pagina giusta ma riescono persino a guardarti con aria offesa, se non indignata, per aver dubitato di loro… quasi quasi mi scuso!
Voi che probabilmente state facendo esperienze migliori, vi starete chiedendo se in due anni siamo stati capaci di arrivare solo fin qui… In realtà abbiamo fatto davvero moltissimi sforzi ma non sempre alla buona volontà corrisponde un buon risultato.
Non lasciatevi ingannare dalle poche cose che vi ho raccontato qui, il lavoro fatto da molti di noi è stato tanto e sempre rigorosamente in salita, ma alla fine di questi due anni di sperimentazione basata, come spesso accade, solo sulla buona volontà dei singoli, il mio bilancio personale mi porta a dire che c’è davvero ancora tanta strada da fare.
Potremmo discutere per settimane sul fatto che il Ministero lancia lo slogan dell’innovazione ma poi ti dice “Amico mio vedi di sbrigartela da solo perché nemmeno io so esattamente da che parte cominciare. Tu comunque…vedi di farlo!”. Lamentarsi, però, è un esercizio inutile e quindi è meglio concentrarsi su quello che si potrebbe fare.
Qualche idea per migliorare
In questi mesi, gironzolando come al solito nella rete, ho trovato parecchie idee interessanti che ho intenzione utilizzare nella progettazione di qualche attività per il prossimo anno. Naturalmente non intendo allontanarmi dal mio personale obiettivo di introdurre sempre di più l’IBSE nella mia didattica quotidiana, per cui gli strumenti digitali dovranno supportare i ragazzi nel perseguire un duplice obiettivo: sviluppare le competenze della literacy scientifica attraverso l’IBSE ma allo stesso tempo sviluppare anche le competenze digitali.
Ecco alcune idee che ho scovato sia leggendo alcuni articoli scritti da Ben Smith e Jared Mader sulla rivista The Science Teacher dell’NSTA che gironzolando in rete.
Modelli e simulazioni
I modelli e le simulazioni sono strumenti molto utili nell’implementazione dell’IBSE in classe perché permettono agli studenti di capire meglio il fenomeno oggetto di studio quando l’esplorazione diretta non è possibile. Ci sono siti gratuiti con simulazioni in cui gli studenti possono modificare le variabili, possono fare previsioni e realizzare esperimenti che a scuola sarebbero impossibili.
Ad esempio sul sito di GoLabs i ragazzi possono fare moltissimi laboratori virtuali (ad esempio ce ne sono di bellissimi sulla genetica di popolazione, ma anche di astronomia, chimica e scienze della Terra).
Altre belle simulazioni si possono trovare sul sito di The Concord Consortium, e (udite, udite!!!) le attività PhET sono disponibili anche in italiano!
Pianificare e condurre investigazioni
Come sapete, una delle caratteristiche fondamentali dell’IBSE riguarda il pianificare e condurre investigazioni. Nonostante il tempo terrorista, sfrutto ogni occasione per lavorare su questo aspetto. Per i ragazzi, come bene sapete, è fondamentale imparare a pianificare le proprie investigazioni, identificando le variabili indipendente, dipendente e controllate, determinando quali dati raccogliere e cercando di capire come effettuarne l’analisi. Le mappe concettuali, possono essere un valido aiuto anche in questo tipo di attività, perché possono aiutare i ragazzi ad organizzare i loro pensieri e il loro lavoro anche nelle investigazioni scientifiche. Qui le risorse sono davvero molte. Per citarne qualcuna: LucidChart, Bubbl.us e Popplet.
Quando si introducono in classe nuovi strumenti digitali può essere utile far fruttare la passione di alcuni studenti facendogli creare video tutorial per i compagni. Il tutoraggio tra pari, anche in forma video, funziona molto meglio della spiegazione diretta da parte dell’insegnante. Qui potete trovare un esempio realizzato da un mio studente per i compagni.
Inserire l’uso di strumenti digitali nelle attività che progettiamo permette agli studenti di lavorare in modo più produttivo e promuove lo sviluppo di competenze da utilizzare anche nel mondo oltre la scuola.
Analizzare e interpretare dati
La fase della raccolta dei dati attraverso la tecnologia offre decisamente molti vantaggi, ma spesso ha dei costi da sostenere. In commercio esistono, infatti, molti tipi di sonde digitali che lavorano bene e in modo rapido e che possono collegarsi ai diversi device tramite USB o bluetooth. Se non si dispone di questi strumenti, anche il cellulare, grazie a specifiche applicazioni, può trasformarsi in uno strumento di misurazione e ci sono già molte sperimentazioni fatte da bravissimi colleghi (ad esempio Alfonso D’Ambrosio) soprattutto nell’ambito della fisica. Una volta raccolti i dati, gli studenti possono condividerli con strumenti presenti su Classroom, come ad esempio Google form.
Dopo la raccolta dei dati segue la loro analisi. Gli strumenti online che possono aiutare i ragazzi ad esempio a tradurre i dati raccolti in grafici da cui dedurre trend o possibili relazioni sono tanti. Ancora una volta c’è uno strumento di Google che può fare al caso nostro, che è Google Sheets, ossia Fogli Google , con cui si può condividere dati persino dal cellulare, cosa particolarmente utile se si sta facendo qualche attività sul campo. Altri tools molto semplici da usare possono essere Create a graph e Plotly. Desmos offre, invece, attività per gli studenti che richiedono di fare inferenze e previsioni a partire da grafici proposti.
Un’altra idea interessante nell’ambito della raccolta dei dati, che a me piace molto far fare ai ragazzi, è partecipare a progetti di citizen science in cui anche le persone comuni possono contribuire alla raccolta di dati scientifici e dove si possono vedere le analisi di questi dati da parte degli scienziati.
Costruire spiegazioni basate sulle evidenze
Quando gli studenti costruiscono le loro risposte alla domanda di ricerca devono utilizzare le evidenze raccolte e questo a volte risulta un compito molto difficile per loro. Un modo semplice che potrebbe aiutarli a mettere in relazione le proprie affermazioni con le evidenze raccolte è quello di utilizzare un programma tipo Word o Google Docs. Per esempio, si potrebbe suggerire ai ragazzi di sottolineare quelle che sono le loro affermazioni e di scrivere in neretto quelle che sono le evidenze a supporto delle affermazioni. In questo modo risulterà immediatamente chiaro quando non hanno nulla in neretto che supporti le affermazioni sottolineate e quindi sapranno dove manca ancora qualcosa.
Per rinforzare ulteriormente il processo, si può prevedere una revisione tra pari del lavoro fatto utilizzando una funzione disponibile sia su Google Docs che in Word per rivedere e commentare il lavoro degli altri. Questo tipo di attività fornisce la possibilità ai ragazzi di difendere la propria posizione o rivederla in modo critico confrontandosi con gli altri.
Di spunti, in rete, ce ne sono davvero tanti e ve li racconterò nei prossimi post, ma ditemi… Quali sono le vostre esperienze digitali? Che ne dite di raccontare esempi di strumenti usati in classe che funzionano? Scrivete!!!
Da molti anni utilizzo con le classi gli strumenti di google apps for education, e prima di avere un dominio della scuola per GAFE, il semplice google drive di gmail. Appena uscito google classroom in italiano ho iniziato a usarlo, con un po’ di scetticismo perché la gestione dei documenti di drive creava qualche difficoltà con le consegne e restituzioni, che disabilitavano la modificabilità dei condivisori. In altre parole, mentre i documenti di google sono da sempre pensati per la condivisione e la scrittura collaborativa, google classroom era (ed è) pensato per l’insegnante tradizionalista che vuole vedersi consegnato un documento elaborato da un solo studente e, come se il documento fosse cartaceo, impedendo per il periodo della revisione (correzione) del docente la modificabilità del documento da parte dell’alunno. Restituendo il documento “corretto” il proprietario recupera l’editabilità, mentre gli eventuali collaboratori e co-redattori continuano solo a poter visualizzare senza poter modificare alcunché. Quindi bisogna ricordarsi di ricondividere manualmente il documento a TUTTI i collaboratori, dato che il sistema lo fa solo al proprietario iniziatore del compito. Dunque gli americani saranno bravi a innovare le tecnologie e le sigle dei metodi costruttivisti, ma questo non vale per la pratica pedagogica diffusa, ancora legata alla tradizione.
Il secondo anno i cambiamenti intervenuti su classroom sono stati tali che mi hanno indotto a lavorare da stream e non gestire più da drive, sebbene il problema dei gruppi collaborativi non sia ancora risolto (so che però è in agenda: me lo aspetto per il prossimo a.s.)
I cambiamenti importanti sono: 1. la codocenza (lo scorso anno dovevo inserire il collega come studente); lavorare in coppia o anche in tre docenti su una classe condividendo lo stream è fantastico.
2. La possibilità di mettere anche i moduli di google come attività dei compiti, con il conteggio di chi li ha svolti e chi no (i punteggi vanno elaborati, eventualmente con Flubaroo, e poi inseriti manualmente)
3. la possibilità di inviare quesiti brevi su smartphone e riciclare un compito di una classe per un’altra. I punti 2 e 3 consentono di velocizzare molto e rendere più “penetrante” l’azione didattica.
4. e questa non è in realtà un’applicazione di GAFE, è possibile importare classi di google classroom in edpuzzle.com. Con il quale puoi adattare video qualunque e trasformarli in lezioni. Tipicamente la visione del video può essere interrotta da quesiti; inoltre sei informata se gli studenti sono arrivati alla fine (non ti fa andare avanti nel video se non si risponde). Prima i ragazzi avrebbero dovuto avere doppio account (un suicido con i cosiddetti “nativi digitali”, totalmente incapaci di gestire la benché minima complessità), invece ora accedono ad edpuzzle con lo stesso account di google classroom che possono facilmente inserire nel loro smartphone come account di google aggiuntivo, in pieno accordo con la filosofia BYOD.
Quindi il mio suggerimento è 1. insistere nell’uso di google classroom; 2. mettersi insieme tra persone che lo usano realmente e comunicarsi le modalità. Esistono già gruppi, anche ufficiali di google, ma sono più tecnici che di discussione metodologico-didattica.