L’educazione scientifica basata sull’investigazione sta diventando sempre più oggetto di interesse per molti insegnanti e così, chiacchierando con colleghi o consultando il web, mi è capitato spesso di sentir parlare di “metodo” IBSE.

Un metodo, però, è qualcosa di prescrittivo, una sorta di algoritmo, o di ricetta, che viene applicato sempre allo stesso modo. L’apprendimento basato sull’investigazione non si può, quindi, considerare un metodo pedagogico, ma un approccio all’insegnamento che ha caratteristiche chiave che possono essere implementate in vari modi.

La didattica inquiry-based si sviluppa a partire da due principi ispiratori: l’insegnamento delle scienze deve garantire l’effettiva comprensione dei concetti piuttosto che la semplice memorizzazione delle informazioni e deve portare ad una riflessione su che cos’è la scienza.

Gli insegnanti devono, quindi, organizzare le attività in modo che gli studenti sviluppino conoscenza e comprensione delle idee scientifiche per imitazione del lavoro degli scienziati (NSES, 1996).

Molto spesso gli insegnanti mi chiedono: come faccio a dare ai miei studenti opportunità di fare attività inquiry-based se devono apprendere anche una grande quantità di contenuti? Ma soprattutto… riescono ad imparare anche abbastanza contenuti?

La mia risposta è sempre la stessa: , ma, secondo le ricerche, per riuscire in questa impresa si deve imparare a combinare le caratteristiche dell’inquiry con un approccio sistematico all’insegnamento che sia anche coerente e focalizzato sui risultati di apprendimento delle abilità proprie dell’inquiry e dei concetti scientifici (Flick and Lederman, 2005).

Ok, direte voi, lascia stare le ricerche e dicci come!

Negli anni del dottorato ho potuto seguire corsi di formazione per docenti di alcuni progetti Europei (Fibonacci, Inquire, Profiles, Establish per citarne alcuni) e ho, quindi, visto approcciarsi all’IBSE davvero in tanti modi diversi ma, alla fine, ho scelto di seguire la strada che non solo mi è più congeniale ma che è la più supportata da evidenze di successo a livello internazionale. Sto parlando, ancora una volta, del cosiddetto learning cycle delle 5E.

Il learning cycle è un approccio sistematico all’insegnamento che permette di progettare momenti magici di insegnamento/apprendimento delle scienze basati sull’inquiry.

Deriva dalle teorie costruttiviste (Herbart, Dewey e Piaget) ed è stato sviluppato negli anni ‘80 da Rodger Bybee del Biological Science Curriculum Study (BSCS), un’organizzazione americana che sviluppa curricoli scolastici nell’ambito della Biologia.

Questo modello è un ampliamento di quello di Karplus e Their (1967) e consta di 5 fasi: Engage, Explore, Explain, Elaborate ed Evaluate.

Mi sembra di sentirvi: già detto, già detto, già detto.

Verissimo, ma oggi scrivo per consigliarvi di leggere un libro (acquistabile ad esempio su Amazon) scritto dal mitico Rodger W. Bybee in persona: The BSCS 5E instructional model: creating teachable moments, NSTApress (2015) che vi permetterà di comprendere più in profondità questo modello didattico.

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In questo libro, Bybee racconta come fare a implementare il modello didattico delle 5E in classe per creare momenti di apprendimento (che io definisco “magici”) in cui gli studenti, e gli insegnanti, siano completamente coinvolti.

Il libro è strutturato in modo che il lettore comprenda il senso profondo di ciascuna fase anche attraverso l’organizzazione stessa dei contenuti trattati.

Nel testo potrete trovare informazioni pratiche su come implementare il modello in classe ma anche un’esplorazione delle idee che hanno portato allo sviluppo di questo modello, dei fondamenti della psicologia dell’apprendimento e delle ricerche che ne supportano la validità.

Secondo Bybee, un “teachable moment” si verifica quando un insegnante fa qualcosa, nel contesto del modello delle 5E, di inaspettato in cui gli studenti sono motivati ad apprendere. Si tratta di opportunità educative solitamente non pianificate in cui la probabilità di apprendimento è molto maggiore. Dal punto di vista degli studenti, invece, i momenti magici di apprendimento si verificano quando un’esperienza ha significato a livello personale (è importante, mi confonde, ha conseguenze per la mia vita), quando sperimentano qualcosa che riconoscono e che ha un significato per loro, ma non sono in grado di spiegarlo, quando afferrano il senso dell’esperienza ma non la comprendono del tutto per cui vogliono saperne di più (disequilibrio cognitivo di Piaget).

Secondo l’autore, il modello didattico delle 5E crea questi momenti magici a partire dalla fase di ENGAGE ad esempio attraverso una semplice domanda o con una dimostrazione che ha conseguenze inaspettate (un evento discrepante). La fase di ENGAGE, però, è solo un punto di partenza perché la vera sfida è riuscire a mantenere vivo l’interesse per tutta la durata del percorso di apprendimento.

Nel libro, Bybee fornisce anche molti esempi e spunti pratici che aiutano il lettore a trovare una guida utile in fase di progettazione. Ma di questo vi parlerò la prossima volta. Adesso… godetevi Bybee in persona! 🙂

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