Nei progetti di citizen science chiunque è invitato ad analizzare i dati raccolti dagli scienziati per aiutare ad accelerare la ricerca.
L’Alzheimer è una malattia attualmente senza cura, di cui ancora oggi non si conoscono le cause. Questa è, quindi, un’area di ricerca dove nuove scoperte sono assolutamente necessarie.
I ricercatori della Cornell University stanno investigando una condizione associata con la malattia dell’Alzheimer: la riduzione del flusso di sangue nel cervello. Un problema non piccolo da superare in questa ricerca riguarda la grande abbondanza di dati che hanno bisogno di essere analizzati.
L’analisi dei dati raccolti dagli scienziati richiede molo tempo e necessita di un’accuratezza (99%) che i computer non riescono a fornire. Ed è qui che entra in gioco Stall Catcher, un videogioco progettato proprio per aiutare ad accelerare la ricerca sull’Alzheimer risolvendo questa necessità trasformando l’analisi dei dati in un vero e proprio gioco.
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Chiunque può essere un catcher così l’affidabilità dei dati, raccolti da non specialisti, viene garantita da algoritmi che combinano risposte di molti soggetti.
La demenza di Alzheimer
La malattia prende il nome da Alois Alzheimer, uno psichiatra e neuropatologo tedesco che per primo, nel 1907, ne descrisse i sintomi e gli aspetti neuropatologici.
Durante l’autopsia di una donna morta a seguito di una insolita malattia mentale, Alzheimer notò la presenza di ammassi, poi chiamati placche amiloidi, e di fasci di fibre aggrovigliate nel citoplasma dei neuroni, detti grovigli neurofibrillari. Oggi le placche, formate da proteine amiloidi, e gli ammassi neurofibrillari sono considerati gli effetti sui tessuti nervosi della malattia.
L’esame microscopico autoptico del tessuto cerebrale di un malato di Alzheimer, infatti, mostra accumuli anormali di un piccolo peptide fibrillare, chiamato beta amiloide, negli spazi intorno alle sinapsi (placche neuritiche) e accumuli anormali di una forma modificata della proteina tau nei corpi cellulari dei neuroni (grovigli neurofibrillari ).
In tutte le forme di Alzheimer, placche e grovigli si sviluppano principalmente nelle regioni del cervello importanti per la memoria e le funzioni intellettuali. Nuove tecniche di imaging cerebrale, la tomografia a emissione di positroni (PET), mostrano le placche amiloidi e i grovigli tau evidenziati da un marcatore chimico leggermente radioattivo nelle persone ancora in vita e vengono utilizzate per confermare una diagnosi difficile da effettuare.
Le cause e i meccanismi di queste anomalie cerebrali non sono ancora completamente comprese, ma sono stati compiuti grandi progressi attraverso studi di genetica, biochimica, biologia cellulare e grazie a trattamenti sperimentali.
Nei pazienti affetti da demenza di Alzheimer si osserva una perdita di cellule nervose nelle aree cerebrali vitali per la memoria, l’apprendimento e le capacità cognitive superiori. Si riscontrano anche forti riduzioni di molti neurotrasmettitori, le molecole che consentono alle cellule nervose di comunicare tra loro, tra cui acetilcolina, somatostatina, dopamina e glutammato.
Senza neurotrasmettitori i neuroni non funzionano più, per cui si ritiene che i sintomi clinici della malattia siano causati dai danni a questi sistemi.
I sintomi
L’Alzheimer è definita la «malattia delle quattro A». I primi sintomi della malattia, infatti, includono una perdita importante della memoria (amnesia), difficoltà nella formulazione e nella comprensione di messaggi verbali (afasia), difficoltà nell’identificazione corretta degli stimoli percettivi (agnosia) e difficoltà nel compiere correttamente alcuni movimenti volontari come ad esempio vestirsi (aprassia).
Con il progredire della malattia, alcuni pazienti presentano gravi disturbi comportamentali e possono persino diventare psicotici. Nelle fasi finali, l’individuo affetto non è in grado di prendersi cura di sé e resta bloccato a letto. I pazienti solitamente muoiono di polmonite o di qualche altra complicanza legata all’immobilità.
La demenza da Alzheimer oggi colpisce circa il 5% delle persone con più di 60 anni e in Italia si stimano circa 500000 ammalati (fonte: Epicentro).
L’Alzheimer a esordio precoce è una forma rara e prevalentemente ereditaria. Recentemente, gli scienziati hanno identificato le mutazioni associate alla malattia: il gene che codifica per la proteina precursore dell’amiloide (APP) è sul cromosoma 21 e la mutazione sembra che comporti un’alterazione nel controllo della sintesi di questa proteina che sembra essere iperprodotta. In famiglie con Alzheimer ad insorgenza precoce, sono state identificate mutazioni anche in altri geni come Tau, Presenilin 1(PS1), Presenilin 2 (PS2), Apolipoproteina E (ApoE).
La cura?
I trattamenti attualmente approvati non modificano il decorso della malattia e offrono solo una attenuazione temporanea di alcuni sintomi come agitazione, ansia, comportamento imprevedibile, disturbi del sonno e depressione. Cinque farmaci sono stati approvati dalla FDA per trattare la malattia: quattro impediscono la degradazione dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore del cervello importante per la memoria e il pensiero. Il quinto regola, invece, il glutammato, un neurotrasmettitore che può causare la morte delle cellule cerebrali se prodotto in grandi quantità.
Questi farmaci migliorano temporaneamente i deficit di memoria e forniscono un sollievo sintomatico, ma non impediscono la progressione della malattia. Diversi altri approcci, come ad esempio gli antiossidanti, sono ancora in fase di test.
La ricerca
Una serie di esperimenti sui topi mutanti, in cui sono stati introdotti geni che causano l’Alzheimer, sta dando buoni risultati. Un gruppo di ricercatori del Lerner Research Institute della Cleveland Clinic, in Ohio, ha recentemente dimostrato che il blocco dell’attività di un enzima chiamato BACE1 è in grado di invertire il processo di formazione delle placche beta amiloidi che caratterizzano la malattia di Alzheimer fino a portare a una loro progressiva dissoluzione, con un discreto miglioramento delle capacità cognitive degli animali.
Questi topi portatori di geni mutanti sviluppano anomalie comportamentali e alcuni dei cambiamenti microscopici nella struttura tissutale che si verificano negli esseri umani. Si spera, quindi, che questi modelli si possano rivelare utili per studiare i meccanismi dell’Alzheimer e testare nuove terapie. Ma siamo ancora molto lontani da tutto ciò.
Negli ultimi anni, si è sviluppato un sempre maggiore apprezzamento per il ruolo sorprendentemente importante che dieta e stile di vita giocano nel determinare il rischio per l’Alzheimer. Sembra che l’attività cognitiva, l’attività fisica e le diete salutari ne riducano il rischio, mentre l’obesità, l’ipertensione, l’ipercolesterolemia, la sindrome metabolica e il diabete lo aumentino. Alcune prove indicano che una gestione efficace di questi rischi cardiovascolari può ritardare l’inizio o rallentare la progressione della demenza.
Studi recentissimi hanno anche mostrato un possibile collegamento tra Alzheimer e infezioni da funghi mentre una nuova ricerca, sviluppata da Stephen Dominy, sostiene che la beta amiloide e la proteina tau, finora ritenute causa della malattia, siano in realtà una forma di difesa nei confronti di un’infezione causata da un batterio responsabile della paradontite, il Porphyriomonas gingivalis. Questo batterio è stato, infatti, identificato nel cervello di persone con Alzheimer con maggior frequenza che negli individui sani e la sua inoculazione in topi geneticamente predisposti verso la malattia ha causato un rapido peggioramento dei sintomi. L’azione lesiva si realizzerebbe attraverso la produzione di enzimi tossici, chiamati gingipain.
Prima di iniziare a giocare è bene visitare il sito del progetto e guardare il video che spiega come essere un citizen scientist con Stall Catcher per farsi un’idea generale del gioco ed esplorarlo un po’.
Il gioco consiste nell’ osservare immagini ottenute al microscopio elettronico di cervelli di topi malati dell’equivalente murina dell’Alzheimer per individuare i capillari dove il sangue non scorre più (STALLED) e quelli in cui invece il sangue scorre ancora (FLOWING).
L’occlusione del 2% dei vasi sanguigni cerebrali comporta una riduzione del 30% del flusso ematico e quindi una scarsa irrorazione del cervello. Il problema vascolare è responsabile di deficit cognitivi importanti e può contribuire anche allo sviluppo della demenza.
Trovare gli stalls può essere entusiasmante per i ragazzi (anche di scuola media) e il gioco può essere giocato su qualunque dispositivo inclusi tablet, smartphone o computer (attualmente l’APP esiste solo per Android).
Mentre gli studenti cercano e identificano gli stalls il loro punteggio aumenta e competono per la classifica con giocatori di tutto il mondo.
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Megathon
Il 13 aprile 2019, nel Citizen Science Day, il gioco si trasformerà in un evento su scala mondiale chiamato Megathon.
Dall’1:30 alle 3:30 PM EST (19.30 ora italiana) biblioteche pubbliche, scuole e altre organizzazioni lavoreranno insieme per analizzare 100000 clip di Stall Catcher, cosa che normalmente richiederebbe ai ricercatori un anno di tempo. Potrete unirvi anche voi con le vostre classi per aiutare tutti insieme i ricercatori della Cornell University a fare un passo in avanti verso la comprensione e la soluzione di questa malattia.
Io ci sarò! E voi?
Per saperne di più:
- Invertita la formazione di placche amiloidi in topi con l’Alzheimer
- Guida per l’insegnante per partecipare al Megathon
- La scienza di Stall Catcher
- VIDEO: come si sviluppa l’Alzheimer
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[…] tempo sono un’appassionata di progetti di citizen science, ossia di progetti di ricerca condotti anche grazie all’aiuto dei cittadini, ve ne ho parlato […]
[…] tempo sono un’appassionata di progetti di citizen science, ossia di progetti di ricerca condotti anche grazie all’aiuto dei cittadini, ve ne ho parlato […]