“In ultima analisi il semplice “completamento” del programma si fonda su un errore egocentrico: se ho parlato di un argomento e abbiamo letto dei testi, gli studenti devono averlo compreso”

 (Grant Wiggins)

Prima di cominciare volevo dirvi GRAZIE!
Grazie per i vostri messaggi, sia pubblici che privati, grazie per il vostro sostegno e per l’amicizia, grazie per la vostra disponibilità a lavorare insieme a me. Siete davvero fantastici!

Come promesso, oggi inizierò a raccontarvi cosa faccio quando progetto un’unità di apprendimento per le mie classi.

Il piano è questo: per farvi familiarizzare con il modello di progettazione che utilizzo, nelle prossime settimane vi racconterò ogni passaggio, riflessione e considerazione che faccio, smontando e rimontando, un pezzo alla volta, un percorso che ho già sperimentato in classe. Ne discuteremo insieme e poi, se vorrete, proveremo a progettarne un altro.

Prima di cominciare, però, sento il bisogno di fare una premessa: quanto faccio non è perfetto, non è ciò che si deve fare per essere un buon insegnante ma è semplicemente ciò che funziona per me, a cui sono faticosamente arrivata in tanti anni, studiando, provando e riprovando. Non ho niente da insegnarvi, quindi, ma ho solo il desiderio di condividere con voi quanto faccio, per far circolare le idee e provare a riflettere insieme e spero tanto che anche voi condividerete qui le vostre idee, ciò che avete affinato nel tempo e che funziona con i vostri ragazzi!

Detto questo: cominciamo!

Per prima cosa è necessario che vi spieghi per bene cosa intendo quando parlo di progettare a ritroso unità di apprendimento inquiry-based (non vi sembra il titolo di un film della Wertmüller?).

Se ricordate, un po’ di tempo fa vi avevo consigliato la lettura di un libro di Rodger Bybee, “The BSCS 5E instructional model – creating teachable moments“, in cui l’autore spiega come fare a implementare in classe il learning cycle delle 5E per creare momenti di apprendimento (che io definisco “magici”) in cui studenti, e insegnanti, siano completamente coinvolti.

Bybee sostiene che quando si progettano sequenze di apprendimento non ci si debba focalizzare sulla singola lezione, ma sia necessario avere uno sguardo più ampio e, per spiegare meglio la sua idea, paragona la singola lezione ad un cellula.

La cellula è l’unità di base della vita, ma le cellule sono organizzate in tessuti, che, a loro volta, formano organi, sistemi di organi e infine organismi. Lo stesso vale per la singola lezione che sicuramente è da considerare l’unità di base della didattica ma da sola non basta ed è, quindi, essenziale espandere la nostra percezione dell’insegnamento delle scienze anche ad altri livelli di organizzazione, in una sequenza coerente e integrata di attività.

Insomma, dobbiamo pensare ai sistemi di organi e non solo alle cellule. Ma qual è un modo efficace per farlo?

IBSE e progettazione a ritroso

Secondo Bybee quando si progettano unità inquiry-based con il learning cycle delle 5E è bene seguire anche le tre fasi della progettazione a ritroso di Wiggins e McTighe (2005).

La progettazione a ritroso è un modello per costruire percorsi didattici che permette di accrescere i livelli di apprendimento degli studenti.

Quando si lavora con questo modello, i percorsi didattici vengono progettati partendo dai risultati desiderati e dagli obiettivi prefissati mentre le attività da fare in classe si costruiscono a partire dalle evidenze di apprendimento (le prestazioni attese) che abbiamo stabilito.

Questo approccio alla progettazione viene chiamato a ritroso non perché lo sia realmente, anzi è un modello perfettamente in linea con il senso comune, ma perché è a ritroso rispetto alle abitudini convenzionali degli insegnanti che molte volte non pianificano il percorso di apprendimento partendo dalla definizione di ciò che merita di essere appreso, dagli scopi che ci si prefigge come meta, ma partendo, invece, dai libri di testo, dalle lezioni preferite, dalle attività consolidate nel tempo.

Secondo Wiggins e McTighe, le modalità di accertamento e di valutazione non devono, quindi, essere stabilite nella fase finale della progettazione di un’unità di apprendimento, magari utilizzando per comodità le verifiche presenti nella guida per gli insegnanti che potrebbero anche non riuscire ad accertare in modo completo o appropriato obiettivi/competenze rilevanti.

Quindi, prima di cominciare a pianificare le attività da fare in classe, si devono definire in modo operativo, ossia in termini di evidenze di apprendimento, obiettivi e competenze desiderati.

In pratica, quando iniziamo a progettare una nuova unità di apprendimento, cominceremo col porci queste domanda: quali sono le evidenze di apprendimento degli studenti?

In altre parole: da cosa posso capire che gli obiettivi che mi sono prefissata sono stati raggiunti?  Cosa devono saper dire/fare i miei studenti per dimostrare conoscenza, comprensione e competenza?

Secondo gli autori, partire fin da subito dalle evidenze di apprendimento ha un duplice vantaggio: non solo aiuta a chiarire a se stessi gli scopi da perseguire, ma fa definire con maggiore chiarezza anche gli obiettivi di apprendimento e di insegnamento, e questo favorisce prestazioni migliori dal momento che anche gli studenti conosceranno con maggiore chiarezza gli obiettivi che devono raggiungere.

Potremmo paragonare un’unità progettata a ritroso al  GPS del navigatore dell’auto: se per prima cosa identifichiamo una specifica “destinazione” di apprendimento, saremo in grado di vedere l’intero percorso didattico con maggiore chiarezza e avremo molte più possibilità di portare i nostri ragazzi esattamente dove volevamo portarli.

Il processo della progettazione a ritroso comprende tre fasi distinte:
• individuazione dei risultati desiderati,
• determinazione delle evidenze di accettabilità
• pianificazione delle attività di istruzione.

Per prima cosa, quindi, dobbiamo identificare i risultati attesi che riteniamo importanti, poi determiniamo quelle che per noi sono le evidenze dell’effettivo apprendimento dello studente e solo alla fine di questo processo pianifichiamo le attività da fare in classe.

Bybee sostiene che il modello del learning cycle delle 5E  fornisca un modo pratico per applicare il processo della progettazione a ritroso.

Ubd e 5E

Fase 1: Individuazione dei risultati desiderati

Ecco, in breve, cosa si deve fare:
1. qualunque progettazione deve partire dall’individuazione delle “grandi idee”, dei nuclei fondanti della disciplina;
2. una volta individuate le grandi idee della disciplina e consultate le Indicazioni Ministeriali, bisogna stabilire le priorità curricolari e identificare le comprensioni durevoli, che ancorano, giustificano e fissano l’unità (utilizzando alcuni criteri o filtri);
3. dopo aver individuato le comprensioni durevoli si individuano anche le domande essenziali, ossia quelle domande che possono guidare il nostro insegnamento e coinvolgere gli studenti nel far emergere e chiarire le idee importanti che costituiscono i nuclei fondanti della disciplina (usando le “lenti” dei 6 aspetti della comprensione);
4. infine, si passa all’identificazione di conoscenze, abilità e competenze che ci interessa promuovere, formulandole in termini di prestazioni degli studenti. Dove possibile si individuano anche le misconcezioni.

Il percorso che ho scelto di usare come esempio è un’unità di apprendimento sul Sistema Oceano (o, se preferite, l’idrosfera marina) ed è destinato ad una classe prima superiore.

World_ocean_map

Credits: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1907199

1. Individuare i nuclei fondanti della disciplina

Per quanto riguarda l’idrosfera marina, le Indicazioni Nazionali non sono di grande aiuto. A voler essere precisi nelle Indicazioni per il primo biennio dei Licei scientifici (dove insegno io) si parla di

studio geomorfologico di strutture che costituiscono la superficie della Terra (fiumi, laghi, ghiacciai, mari eccetera).

Niente di più vago e indefinito, vero? Del resto sono indicazioni e non programmi.

Quindi, se volessimo effettivamente occuparci “solo” di studio geomorfologico  potremmo limitarci a descrivere semplicemente gli effetti dell’idrosfera marina sul paesaggio.

In realtà, basta leggere un qualsiasi giornale, o come preferiscono i ragazzi, aprire un qualsiasi social, per capire quanto sia importante andare più a fondo nella questione e che comprendere la complessità del funzionamento del sistema oceano è fondamentale per vivere in modo consapevole nel mondo che ci circonda.

Per fare un esempio, pensate al problema della incredibile quantità di plastica presente negli oceani e all’impatto che tutto questo sta avendo sull’ambiente marino e sulla nostra salute.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=p9dahuhCRiQ&w=560&h=315]

Il nostro obiettivo costante è quello di far sviluppare nei ragazzi la cosiddetta literacy scientifica, aiutandoli a imparare leggere la realtà che li circonda, per cui, a mio avviso, affrontare questo tema è davvero molto importante per loro.

Qualunque progettazione deve partire dall’individuazione delle “grandi idee”, dei nuclei fondanti della disciplina.

Quali sono i concetti fondanti delle scienze della Terra, le grandi idee che strutturano la mente dei nostri ragazzi e che insegnano a pensare sia nell’ambito della disciplina stessa che nella vita?

Non credo ci sia un’unica risposta ma queste potrebbero essere un buon punto di partenza:

  1. TEMPO GEOLOGICO: la Terra ha 4,6 miliardi di anni e i fenomeni geologici sono eventi che avvengono per lo più in tempi non valutabili su una scala temporale storica o umana.
  2. DINAMICITÀ e TRASFORMAZIONE: la Terra è un pianeta dinamico in continuo cambiamento, le cui trasformazioni sono dovute a due motori fondamentali: l’energia solare e il calore terrestre.
  3. CICLICITÀ/NON CICLICITÀ: i fenomeni geologici a volte si ripresentano ciclicamente nel tempo e nello spazio.
  4. STRUTTURA COMPLESSA DI TIPO SISTEMICO A GRANDE E PICCOLA SCALA: la Terra è parte di sistemi più grandi (dal Sistema Solare all’Universo) ed è un sistema complesso organizzato in più sfere, in continua interazione reciproca mediante una complessa serie di processi fisici, chimici e biologici. Ciascuna sfera della Terra presenta a sua volta una struttura complessa di tipo sistemico.
  5. ACQUA: la Terra è il pianeta dell’acqua. L’acqua è essenziale per la vita e le sue uniche proprietà fisiche e chimiche sono essenziali per tutti i processi che avvengono nelle sfere della Terra. L’acqua si muove continuamente a diverse velocità, in diversi luoghi e in diverse forme e contribuisce al modellamento del paesaggio.
  6. VITA: sulla Terra sono presenti condizioni che hanno permesso la comparsa e lo sviluppo dei viventi, i quali, a loro volta, influenzano le sfere della Terra delineando una storia caratterizzata da una co-evoluzione reciproca.
  7. EVOLUZIONE: la storia della Terra è caratterizzata da un’evoluzione ininterrotta e continua che interessa tutte le sfere.
  8. UNICITÀ: la Terra è unica nel Sistema Solare, per le sue particolari condizioni astronomiche, fisiche, chimiche e geologiche.
  9. VULNERABILITÀ: la Terra come pianeta unico è caratterizzato da condizioni e risorse limitate che dipendono dal mantenimento di delicati equilibri.

ORA TOCCA VOI.

Che ne pensate? Cosa manca? Quali modifiche andrebbero apportate? C’è qualcosa di non chiaro o espresso male? 

Queste sono le grandi idee da cui parto io ogni volta che voglio progettare o revisionare un’unità di apprendimento di Scienze della Terra (nelle prossime settimane faremo lo stesso anche per le altre discipline), quindi, prima di passare alla fase successiva vi chiedo di  considerare attentamente ogni idea, fare le vostre osservazioni e proporre la vostra visione di ciò che è fondante in questa disciplina.

Raccoglierò tutte le vostre osservazioni e riscriverò la nuova versione condivisa delle grandi idee che sarà sicuramente utilissima per tutti noi.

Poi, che si fa?

Una volta individuate le grandi idee della disciplina e consultate le Indicazioni Ministeriali, bisogna stabilire le priorità curricolari e identificare le comprensioni durevoli dell’unità (utilizzando alcuni criteri o filtri).

Questo sarà l’argomento della prossima settimana ma perché  “l’esercizio” di analisi che stiamo facendo insieme sia utile anche per voi, se non lo avete mai fatto, dovreste provare a scrivere su un foglio di carta tutto ciò che si potrebbe affrontare in classe sull’idrosfera marina, qualunque cosa vi venga in mente, e poi suddividere quanto avete scritto in queste due categorie:
1. conoscenze con cui gli studenti dovrebbero avere familiarità, (ciò che non è di fondamentale importanza ma che comunque vogliamo che in qualche modo, a grandi linee, i ragazzi ascoltino, leggano, vedano, ricerchino o incontrino);
2. conoscenze (fatti, concetti e principi) e abilità (processi, strategie e metodi) importanti.

La prossima settimana vi racconterò le mie priorità curricolari, ossia cosa ho inserito io in queste due categorie, e vi spiegherò anche cosa si intende per  comprensioni durevoli, come possiamo sceglierle e quali ho individuato io per la mia unità sull’idrosfera marina.

Aspetto i vostri commenti sulle grandi idee. A mercoledì prossimo!

P.S. Dimenticavo…

Condividete le vostre idee/riflessioni scrivendo direttamente qui nei commenti in modo che tutti, in qualsiasi momento, possano leggerli e trarne beneficio. 😊

Sto preparando delle schede (template e schemi vari…) che potranno esserci utili per la progettazione della nuova unità. Vi piace l’idea?

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Se volete approfondire un po’:

  1. G. Wiggins, J. McTighe, Fare progettazione – la “teoria” di un percorso didattico per la comprensione significativa. LAS, 2004.
  2. G. Wiggins, J. McTighe, Fare progettazione- la “pratica” di un percorso didattico per la comprensione significativa. LAS, 2004.
  3. G. Wiggins, J. McTighe, The Understanding by Design Guide to Creating High-Quality Units. ASCD, 2011.
  4. R. Bybee, The BSCS 5E instructional model – creating teachable moments. NSTA Press, 2015.
  5. Sintesi sulle fasi della progettazione a ritroso.
  6. Earth Science Literacy Initiative.

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