“Quando lo chef assaggia il piatto, la valutazione è formativa. Quando i clienti assaggiano il piatto, la valutazione è sommativa.”
Robert Stake
È arrivato, finalmente, il momento di parlare di IBSE!
Se ricordate, quando abbiamo iniziato questo mini corso di progettazione di unità di apprendimento IBSE vi ho raccontato che secondo Bybee il modello del learning cycle delle 5E fornisce un modo pratico per applicare il processo della progettazione a ritroso. Cerchiamo di capire insieme come.
Nel diagramma che stiamo usando come road map della progettazione, la seconda fase prevede di determinare le evidenze della comprensione e di progettare le attività di EVALUATE. Da questo momento, quindi, la nostra progettazione terrà conto anche del learning cycle delle 5E di Bybee.
La fase di Evaluate del learning cycle, infatti, si basa proprio sulle prestazioni attese identificate in fase di progettazione. È il momento in cui si valuta il progresso degli studenti nel raggiungimento degli obiettivi educativi e si enfatizza anche l’importanza dell’autovalutazione da parte degli studenti stessi circa la comprensione di quanto appreso e le abilità acquisite (Bybee, 2013).
Valutare l’apprendimento degli studenti costruito attraverso l’inquiry significa valutare l’acquisizione di una comprensione profonda e durevole.
Anche se quella di Evaluate è l’ultima fase del learning cycle da attuare in classe, Bybee (2013) sostiene che sia quella che va progettata per prima perché, come ormai saprete bene, il percorso di apprendimento (quindi le altre 4 E) deve essere pianificato proprio a partire dalla definizione di ciò che merita di essere appreso.
Come dicevo la settimana scorsa, visto che comprendere in profondità, essere competenti, significa saper usare le conoscenze e le abilità acquisite allora, quando pianifichiamo come raccogliere evidenze di comprensione profonda, dovremo tenere presente una certa varietà di strumenti e metodi in modo da fornire agli studenti un continuo feedback in momenti diversi e con differenti modalità: controlli informali della comprensione, osservazione/dialogo, questionari/test, domande aperte, quesiti e compiti di prestazione/autentici.
C’è una valutazione di tipo diagnostico che inizia durante la fase di Engage e permette agli studenti (e agli insegnanti) di valutare le conoscenze pregresse all’inizio del nuovo percorso di apprendimento: cosa sanno e quali eventuali concezioni errate presentano. A questo tipo di valutazione non viene mai assegnato un “voto” perché lo scopo è determinare dove si trovano gli studenti, da dove partono, in modo che l’insegnante possa decidere su quali aree deve focalizzare il lavoro in classe.
Quando, nelle fasi successive, gli studenti saranno chiamati a confrontare le idee che avevano all’inizio del percorso (emerse durante la fase di Engage) con quelle derivate dalle nuove esperienze e dalle spiegazioni ricevute, acquisiranno maggiore consapevolezza delle proprie concezioni errate iniziali e tale consapevolezza consoliderà i nuovi saperi e li aiuterà a superare le vecchie misconcezioni.
Questo tipo di valutazione iniziale è quindi un passaggio cruciale in un approccio all’insegnamento costruttivista come quello dell’IBSE.
Esistono, però, altri due tipi di valutazione: formativa e sommativa.
Secondo Michael Scriven, che negli anni ’60 propose per la prima volta questi due termini, la differenza tra queste due forme di valutazione sta nel momento in cui hanno luogo: la formativa si svolge prima della fine, mentre la sommativa alla fine di un processo ed entrambe sono ugualmente necessarie ai fini della valutazione.
La valutazione formativa, informale come quella di tipo diagnostico e non misurata attraverso voti, fornisce agli studenti un feedback fondamentale sulla direzione in cui sta andando il loro apprendimento.
Questo tipo di valutazione può assumere varie forme (organizzatori grafici, questionari, discussioni di classe, revisione tra pari, questionari di autovalutazione) e si svolge durante le fasi di Explain, di Elaborate e di Evaluate (per la componente dell’autovalutazione).
La valutazione formativa è quella che ci consente di apportare correttivi lungo tutto il processo di insegnamento/apprendimento: raccogliamo informazioni su chi sta imparando cosa e se ne vediamo la necessità stabiliamo cambiamenti di rotta nella nostra progettazione.
La progettazione, quindi, non può essere vista come qualcosa di statico (fatta una volta non ci penso più!) ma deve essere interattiva e dinamica.
Per dirla più semplicemente, la valutazione formativa altro non è che il tentativo di capire se c’è qualcuno che ha bisogno di maggior supporto, se c’è qualcosa che deve essere rinforzato o modificato e come farlo, per fare in modo che tutti gli studenti raggiungano gli obiettivi prefissati.
La valutazione sommativa, invece, trova solitamente collocazione nella fase finale, ossia in quella di Evaluate, e rappresenta il tentativo di quantificare il livello di conoscenze, abilità e competenze raggiunti da uno studente.
C’è una metafora abbastanza nota che permette di capire quanto siano diversi questi due tipi di valutazione (Dirksen, 2011).
Quando uno chef assaggia un suo nuovo piatto, lo fa per vedere se corrisponde all’idea di piatto perfetto che ha in mente. Se gli piace dirà che il piatto è abbastanza buono da essere inserito nel menù del suo ristorante (valutazione formativa). I clienti fanno la stessa cosa: assaggiano il piatto e decidono se è delizioso, medio o se è da rimandare in cucina (valutazione sommativa). Si tratta di valutazioni fatte in due momenti diversi ma entrambe comportano gli stessi processi: annusare il piatto, assaggiarlo, determinarne le caratteristiche e il valore.
La stessa devono fare anche gli insegnanti: prima della verifica finale devono “assaggiare il piatto” che hanno preparato, ossia devono monitorare l’apprendimento degli studenti per vedere se stanno raggiungendo o meno gli obiettivi prefissati.
La valutazione formativa e sommativa, quindi, differiscono nella tempistica: la valutazione formativa viene svolta prima che sia troppo tardi e non ci sia più niente da fare, mentre quella sommativa viene fatta alla fine.
Ma visto che l’obiettivo fondamentale della valutazione formativa è il miglioramento dell’apprendimento, per un insegnante anche quella sommativa può avere questo valore.
Tornando alla metafora dello chef, se l’80% dei clienti rimanda in cucina il piatto dopo averlo assaggiato questo è un segnale importante per lo chef che potrà modificare la sua ricetta e renderla vincente. Lo stesso vale anche per noi: se dopo aver somministrato una prova di tipo sommativo emerge che la maggior parte degli studenti non ha capito un determinato argomento, allora possiamo analizzare gli insuccessi per stabilire dei correttivi, ad esempio riprendendo gli aspetti dell’argomento che hanno comportato maggiori problemi, e la valutazione sommativa avrà così anche un valore formativo molto importante.
Se ci limitassimo a prendere atto degli insuccessi degli studenti “archiviando” tutto sul registro, allora tutto il lavoro fatto non sarebbe servito a molto.
Fatte tutte queste doverose premesse, torniamo alla nostra progettazione.
Voglio sottolineare ancora una volta che ilcompito di prestazione, di cui abbiamo parlato la settimana scorsa, non è la modalità di verifica sommativa da somministrare al posto di quella tradizionale ma è uno strumento aggiuntivo che permette di accertare se lo studente ha acquisito anche competenze, ossia se ha compreso in modo profondo quanto ha studiato.
Perché la progettazione della fase di Evaluate sia da considerarsi completa dobbiamo, quindi, pensare anche alle altre forme di valutazione e a come utilizzare il tutto in classe.
Il compito autentico sarà il punto di partenza delle mie attività didattiche.
Subito dopo la fase di Engage (di cui vi parlerò la prossima settimana) presenterò ai ragazzi il compito autentico come una sorta di sfida a cui lavorare lungo tutto il percorso. Tutte le attività didattiche serviranno, infatti, per arrivare a costruire conoscenze, abilità e competenze necessarie per svolgere il compito assegnato nella sfida.
Condividerò su Google Classroom, strumento digitale che utilizziamo sempre a scuola, la scheda con la sfida del compito autentico sviluppato secondo l’acronimo GRASPS. Leggeremo insieme la scheda in classe discutendone ogni aspetto e formeremo fin da subito i gruppi che lavoreranno insieme (in remoto con gli strumenti di lavoro condiviso di Google e/o, dove possibile, anche in presenza) per preparare la prestazione finale.
Condividerò anche la rubric che sarà utilissima non solo per valutare la prestazione ma anche per chiarire ai ragazzi quali sono gli standard di successo della prova.
È molto importante, infatti, discutere insieme non solo le richieste del compito autentico ma anche i criteri utilizzati per valutarlo in modo da assicurarsi che entrambi siano espressi in modo chiaro per tutti e che le richieste siano anche realistiche. Se dalla discussione emergessero criticità (ad esempio un obiettivo troppo alto o un compito troppo difficile per i ragazzi) si potrà così modificare insieme ciò che serve aumentando le probabilità di successo di tutti i ragazzi.
Insomma, la rubric costituirà una sorta di road map a cui i ragazzi faranno riferimento mentre lavorano alla prestazione del compito autentico assegnatogli.
I compiti autentici sono anche un’occasione di lavoro importante per promuovere e sviluppare le competenze trasversali fondamentali per il mondo oltre la scuola: capacità di prendere decisioni, risolvere problemi, pensiero creativo, pensiero critico, comunicazione efficace, capacità di relazioni interpersonali, autoconsapevolezza, empatia, gestione delle emozioni e dello stress.
Va da sé che tutte le attività che verranno svolte in classe (e a casa) dovranno essere progettate in modo da fornire ai ragazzi le conoscenze, abilità e competenze necessarie per portare a termine la sfida.
Non solo compiti di prestazione
La mia fase di Evaluate (destinata a ragazzi di prima superiore) verterà, quindi, su due tipi di prove: una prova più tradizionale per l’accertamento delle conoscenze e delle abilità che ritengo importanti sul sistema oceano e il compito autentico.
La prova per così dire “tradizionale”, però, non richiederà semplicemente ai ragazzi di richiamare le informazioni apprese ma sfiderà anche le loro abilità di applicazione in contesto nuovo e di pensiero critico.
Naturalmente ci saranno domande (tendenzialmente aperte) sulle definizioni per verificare la conoscenze del lessico specifico dell’unità (ad esempio “Che cos’è la salinità?), ma ci saranno anche domande di comprensione dei concetti (ad esempio “Il termoclino è presente nelle acque oceaniche alle alte latitudini? Motiva la tua risposta”) e domande che sfidano la capacità di pensiero critico, ossia che chiedono allo studente di analizzare, trarre conclusioni, collegare causa ed effetto, applicare concetti, interpretare grafici, fare inferenze… (ad esempio, “perché la salinità dell’acqua di mare rimane relativamente costante nel tempo?”).
Se foste interessati ad avere una copia di questa verifica basterà iscrivervi alla newsletter. Al termine di questo mini corso, infatti, invierò a tutti gli iscritti i materiali prodotti e anche un template editabile per le vostre progettazioni future.
Perché non postare tutto qui?
In passato ho pubblicato un articolo sul ciclo dell’acqua in cui ho fornito anche la prova di verifica per poi scoprire che i ragazzi l’avevano scovata online! Per fortuna un “uccellino” mi ha avvisata per tempo per cui, in fretta e furia, ne ho preparato una nuova e tutto è finito bene ma… mai ripetere lo stesso errore! Troppo faticoso rimediare 🙂
Compiti autentici, pratica sostenibile?
Alcuni di voi staranno pensando, però, che non c’è il tempo materiale di far fare ai ragazzi un compito autentico per tutte le unità formative.
In effetti con due ore a settimana, classi numerose e, soprattutto, tante classi si corre il rischio di diventare matti. Ma non rinunciate prima di valutare alcune possibili opzioni.
Potreste preparare un compito autentico di respiro più ampio, su un’area di contenuto maggiore, un po’ più articolato di quello che vi ho presentato: un compito autentico che riguardi, ad esempio, l’intera idrosfera anziché solo l’idrosfera marina.
Personalmente non amo molto questa opzione perché trovo davvero difficile per i ragazzi non “perdere il filo” quando passa così tanto tempo (almeno un paio di mesi?) tra la proposta iniziale della sfida e la sua realizzazione. In prima, poi, i ragazzi sono sicuramente molto alti ma ancora molto piccoli. Tempi così lunghi rischiano di fargli perdere il filo e disperdere energie. Inoltre, penso che preparare una sfida significativa su un tema molto ampio sia più difficile anche per noi e io preferisco non complicarmi troppo la vita.
Una saggia via di mezzo?
Solitamente, io propongo compiti autentici solo quando trovo stimoli realmente interessanti e faccio in modo che i ragazzi affrontino questo tipo di sfida 2-3 volte all’anno. Come dicevo, il tempo è davvero troppo poco e questo tipo di lavoro non va solo preparato ma anche organizzato e accompagnato.
Quindi, di norma, la mia fase di Evaluate è costituita da una sola prova individuale in cui lo studente non dovrà limitarsi a dimostrare “solo” la conoscenza e la comprensione dei contenuti studiati, ma dovrà anche usare le competenze acquisite per rispondere a quesiti brevi riguardanti casi di studio “autentici”.
2-3 volte all’anno, poi, alla prova individuale affiancò anche il compito autentico a cui i ragazzi lavoreranno in team. In questo caso, il voto finale deriverà da una media pesata delle due prove (individuale e di gruppo).
Questa, naturalmente, non è la soluzione ma solo ciò che funziona per me.
In una scuola ideale, in cui le classi sono poco numerose e le ore settimanali per classe sono tante potremmo sicuramente riuscire a fare tutto “da manuale”. Ma le cose non stanno così e i problemi da affrontare lungo la strada sono sempre tantissimi.
Sono, però, sicura che anche se non faremo in modo “perfetto” ogni passaggio, poiché lavoreremo con maggiore consapevolezza e intenzionalità sarà comunque un successo. Non pensate anche voi?
Resta ancora un ultimo aspetto da affrontare: l’autovalutazione degli studenti.
Anche qui abbiamo vi propongo due opzioni: una completa e l’altra minimalista.
L’opzione “completa” prevede che i ragazzi compilino sempre un questionario per l’autovalutazione personale e del lavoro di gruppo (nel libro di Wiggins e McTighe potete trovare alcuni esempi che vi fornirò via mail alla fine di questo mini corso).
L’opzione minimalista (la mia) utilizza la rubric non solo per guidare il lavoro degli studenti e valutare la prestazione ma anche come strumento di riflessione per l’autovalutazione. Questa, infatti, permette allo studente di fare una fotografia del “luogo” in cui si trova, ad esempio il livello tre, ma gli mostra in modo chiaro anche cosa gli manca e cosa potrebbe fare per migliorare. Se, poi, ne discuteremo insieme il tutto diventerà ancora più utile.
Bene! Anche se ci sarebbe molto da altro dire sulla valutazione mi fermo qui.
Lo scopo di questa sorta di mini corso estivo è cercare di fornirvi gli attrezzi di base perché possiate progettare qualcosa di vostro prima dell’inizio del prossimo anno scolastico, quindi devo procedere spedita!
La prossima settimana cominceremo ad affrontare la terza e ultima parte della progettazione. In altre parole: inizia il divertimento! ♥
A presto! Barbara
Per saperne di più:
- B. Scapellato, Inquiry-Based Science Education. Dalla teoria alla pratica: l’approccio IBSE per una comprensione profonda delle scienze naturali, Pearson, 2017.
- R. Bybee, The BSCS 5E instructional model – creating teachable moments. NSTA Press, 2015.
- R. Bybee, Translating the NGSS for classroom instruction, NSTA Press, Arlington, VA, 2013.
- G. Wiggins, J. McTighe, Fare progettazione- la “pratica” di un percorso didattico per la comprensione significativa. LAS, 2004.
- G. Wiggins, J. McTighe, The Understanding by Design Guide to Creating High-Quality Units. ASCD, 2011.
- Foundations of Teaching for Learning: Introduction to Student Assessment by Commonwealth Education Trust; COURSERA.
- Dirksen, D. J. (2011, April). Hitting the reset button: Using formative assessment to
guide instruction. Phi Delta Kappan, 92(7), 26–31.
Grazie Barbara per tutte le osservazioni e gli spunti che ci regali! Una domanda: come valuti i singoli esercizi che assegni nelle prove tradizionali(definizioni, domande aperte,..)? Nel mio Liceo proponiamo prove comuni in alcune classi (generalmente prima e terza) scegliendo in quel caso prove strutturate,anche per rendere oggettiva la valutazione. E tu? Grazie! Emanuela
Cara Emanuela, temo che l’oggettività assoluta sia piuttosto difficile da raggiungere. Anche noi qualche volta usiamo le prove strutturate ma queste non sono il meglio se vuoi davvero scoprire cosa hanno compreso. Nelle prove con domande aperte, ciò che faccio è preparare in anticipo gli indicatori di “correttezza” e i punteggi da assegnare a ciascun indicatore, una sorta di correttore schematico. Se questi indicatori sono stati concordati insieme ai colleghi, chiunque corregga una risposta otterrà sempre lo stesso punteggio. Non ho abbandonato del tutto i test a scelta multipla ma solo perché i test di ingresso all’Università sono ancora così e i ragazzi devono imparare ad affrontare anche questo tipo di quesito. Li uso per sviluppare questa sorta di “saper fare” e non tanto perché ritengo che siano effettivamente validi per misurare la comprensione profonda. Tu che ne pensi?
Perfettamente d’accordo e.. approfitto anche per unirmi alla richiesta dei nuclei di biologia, ma solo quando avrai tempo 🙂
Grazie ancora !
Emanuela
Certamente!
Ciao Barbara
leggendo il tuo articolo sto cercando di ricordare,ma sicuramente mi sono persa cos’è la rubric.
Scusami
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