Lo confesso, ci sono volte in cui trovare ENGAGE efficaci mi risulta particolarmente difficile.

Questa settimana, in quinta, avevo appena finito di spiegare le nozioni di base della chimica organica (proprietà del carbonio, ibridazione, rappresentazione delle formule, isomeria) e dovevo iniziare gli idrocarburi.

Non so se per voi è diverso, ma io non ho alcuna possibilità di fare attività di laboratorio su questo tipo di composti per cui il lavoro con i ragazzi diventa estremamente teorico, purtroppo.

Non fraintendetemi, mi piace e mi diverte insegnare la chimica organica ma a volte mi rendo conto che trovare agganci con la realtà che possano essere davvero intriganti per i ragazzi, che stimolino una discussione autentica basata sull’effettiva voglia di saperne di più  mi risulta una missione quasi impossibile.

Una sera della settimana scorsa, però, guardando il telegiornale,  ho sentito la notizia dell’incendio all’impianto chimico che produce additivi per carburanti e lubrificanti a Rouen, in Francia, che ha prodotto una grande nube di fumo, visibile a diversi chilometri di distanza e nella testa mi si è accesa una lampadina.

Solitamente cerco di evitare l’associazione “chimica-tossicità” perché non voglio alimentare la falsa credenza che emerge da tutti i “pori” del web (ma non solo) che la chimica sia il male assoluto. In questo caso, però, ho pensato fosse importante parlare con i ragazzi dei problemi legati all’ intossicazione/avvelenamento da idrocarburi e così mi sono messa a studiare la faccenda un po’ più da vicino.

Leggendo leggendo, ho raccolto informazioni di diverso tipo e piano piano l’engage della mia lezione sugli idrocarburi ha preso forma. Niente di incredibile o pirotecnico ma abbastanza materiale per una bella discussione. Di che abbiamo parlato?

Avvelenamento da idrocarburi.

Ho cominciato la lezione partendo, quindi, dal fatto di cronaca, ossia dall’incendio nello stabilimento di Rouen. Ho fatto anche un breve viaggio nella mia memoria di bambina parlando di uno dei disastri ambientali peggiori mai avvenuti in Italia,  a Seveso nel 1976,  che ha portato alla creazione della direttiva europea  82/501/CEE nota anche come direttiva Seveso, e poi ho semplicemente chiesto ai ragazzi di darmi una definizione di idrocarburi e dirmi dove possiamo trovarli in natura e nella vita di tutti i giorni.

Ogni volta che penso di fare domande troppo banali mi accorgo che, invece, non lo sono affatto.  Trovare una definizione di idrocarburi non è stato difficile visto che stiamo affrontando lo studio dei composti organici e che il nome già da solo racconta molte cose, ma stabilire da dove vengono e dove li possiamo trovare non è stato facile come pensavo.

Il problema non è stato tanto arrivare a stabilire la loro origine fossile e nemmeno che la loro fonte principale in natura sia il petrolio, ma gli unici esempi emersi di idrocarburi presenti nella vita di tutti i giorni sono stati benzina, gasolio e metano. 

Ho cominciato quindi col fare qualche altro esempio di sostanza contenente idrocarburi o loro derivati. Oltre a benzina e cherosene:

  • gas per accendini
  • detergenti per la pulizia della casa
  • colle
  • vernici e relativi diluenti
  • cere per i mobili
  • pennarelli indelebili
  • bianchetto.

Con gli ultimi due esempi le cose hanno cominciato a farsi più interessanti.

Chi di noi non lotta quotidianamente con la loro bianchetto-mania?

Ne sono totalmente dipendenti, tanto che quando impediamo ai futuri maturandi di usare il bianchetto durante gli scritti degli esami di Stato per loro è uno shock simile a quello che hanno avuto quando gli hanno tolto il ciuccio da bambini!

Il bianchetto, quindi, soggiorna comodo in tutti gli astucci ma nessuno dei ragazzi si è mai soffermato a leggerne l’etichetta riportata sulla confezione.

Wikipedia riporta queste informazioni:

il bianchetto è tossico se ingerito. Irrita le mucose della pelle, del naso e quelle della congiuntiva. I sintomi di intossicazione cominciano con forte bruciore allo stomaco e alla gola e dolore al petto. La morte avviene per arresto respiratorio o per anossia. In caso di ingestione devono essere fatte lavande gastriche.

Esagerati, dai! Ma chi può essere tanto stupido da mangiarsi il bianchetto???

Nessuno? Siamo proprio sicuri?

Mi metto, quindi, a raccontare che gli idrocarburi, o i loro derivati, possono avere effetti fisiologici di un certo interesse sul nostro organismo che dipendono dalla loro massa, da come vengono introdotti e con cosa entrano in contatto.

L’avvelenamento da idrocarburi può avvenire per ingestione e per inalazione.

Ciò che, inizialmente, ha suscitato lo stupore dei ragazzi non è stata tanto l’inalazione che può essere accidentale, quanto l’ingestione.

In realtà, quando ci hanno riflettuto bene, hanno compreso che questo tipo di avvelenamento è tipico dei bambini piccoli, con meno di 5 anni, che toccano e assaggiano qualunque cosa incontrino sul loro cammino, per cui la faccenda ha cominciato a farsi più seria.

Ma cosa succede dopo averli ingeriti?

L’ingestione di idrocarburi non ha effetti particolarmente gravi sullo stomaco. Il vero problema è che, una volta ingeriti, causano tosse e soffocamento e, se le molecole in questione hanno bassa massa molare, possono penetrare facilmente nelle vie aeree e irritare i polmoni causando quella che viene definita polmonite chimica, un’irritazione molto seria dei polmoni dovuta al fatto che queste molecole dissolvono le sostanze lipidiche delle membrane delle cellule degli alveoli e si forma del liquido che i polmoni non sono in grado di espellere (come nella polmonite batterica o virale). Insomma, un bel guaio che, per fortuna, per lo più non ha esiti letali.

Meno male! Ma se entrano a contatto con la pelle cosa succede?

Dipende dal numero di atomi di carbonio presenti nella molecola.

A contatto con la pelle, gli idrocarburi a 5-16 atomi di carbonio causano secchezza e screpolature perché dissolvono il film idrolipidico naturale della pelle, mentre  quelli di maggiori dimensioni (17 o più atomi di carbonio) agiscono, invece, da emollienti tanto è vero che spesso miscele di alcani e vaselina vengono applicati, in forma di crema, come strato protettivo della pelle visto che non vengono rimossi né dall’acqua, né dall’urina (contrastano l’irritazione da pannolino).

Ma se si ingeriscono o si inalano sostanze contenenti idrocarburi quali possono essere i sintomi?

In caso di ingestione o inalazione si possono verificare:

  • tosse e sensazione di soffocamento
  • sensazione di bruciore allo stomaco e vomito
  • respiro rapido e affannoso
  • cianosi (pelle bluastra) a causa dei bassi livelli di ossigeno nel sangue
  • sonnolenza
  • scarsa coordinazione
  • stupor (arresto totale della motilità volontaria associato a torpore senza perdita di coscienza)
  • convulsioni
  • coma.

A questo punto mi gioco l’asso! Continuo dicendo che il vero problema non è tanto l’ingestione o l’inalazione accidentale ma è la pratica volontaria e sconsiderata di inalazione dei fumi di idrocarburi da parte di adolescenti e adulti che usano queste sostanze, facilmente reperibili, come alternativa economica e accessibile all’alcol o alla marijuana, e tutto questo già a partire dagli otto anni! Insomma una forma “nuova” di tossicodipendenza veramente preoccupante.

Ma in fondo non si tratta veramente di droga, cosa potrà mai succedere? Che effetti hanno queste sostanze?

L’inalazione di queste sostante provoca euforia per 15-45 minuti, tempo che l’uso prolungato è in grado di aumentare.

Droga o no, l’uso di queste sostanze può portare a morte improvvisa per alterazioni letali della frequenza cardiaca (battito cardiaco rapido e irregolare) o per arresto cardiaco a seguito di sforzi o stress. Si possono riportare anche danni cerebrali (ad esempio per inalazione ripetuta di toluene), al midollo osseo, ai reni e al fegato, perdita dell’udito e alcune forme di tumore.

Gli inalanti usati più di frequente sono:

  • acetone
  • detergenti per la casa
  • deodoranti
  • spray da cucina
  • correttore liquido
  • colla
  • colla gomma-cemento (per incollare gomma/plastica ai muri)
  • diluente
  • butano liquido per accendini
  • lucido da scarpe
  • vernice spray
  • pennarelli indelebili
  • benzina

Il termine usato per indicare un generico abuso di inalanti è huffing.

In realtà, ci sono vari modi per usare gli inalanti:

  • huffing:  uno straccio viene immerso in un inalante e premuto su bocca e naso;
  • sniffing: i fumi vengono fiutati o sniffati direttamente da un contenitore di aerosol o spruzzati su una superficie riscaldata e fiutati;
  • bagging: i fumi vengono spruzzati o versati in un sacchetto di plastica o di carta, che viene posizionato sopra la bocca, il naso o la testa (questo metodo aumenta il rischio di soffocamento);
  • spraying: l’aerosol viene spruzzato direttamente nel naso o nella bocca.

Pur non trattandosi di idrocarburi o derivati, tra le sostanze inalate c’è anche il monossido di diazoto (noto anche come gas esilarante) usato come propellente per montare la panna  nelle bombolette o nei sifoni. È, purtroppo, pratica comune manomettere la cartuccia in modo che il gas possa fuoriuscire in un palloncino dal quale viene poi inalato.

Come accorgersi se un nostro amico, fratello/sorella fa uso di questo tipo di sostanze?

Il sito della Mayoclinic riporta una serie di indicazioni utili per genitori (e quindi anche fratelli, amici e insegnanti) per capire se i propri figli sono o meno a rischio di questa forma di dipendenza.

Purtroppo non è sempre facile capirlo, ma si possono cercare alcuni segnali di pericolo:

  • stracci nascosti, vestiti, borse, garze o contenitori vuoti di prodotti che potrebbero essere inalati;
  • odori chimici nel respiro o sui vestiti;
  • vernice o altre macchie su viso, mani o vestiti;
  • parlare confuso o incoerente;
  • apparente ubriachezza o stordimento;
  • nausea o perdita di appetito;
  • eruzione cutanea intorno alla bocca che si estende fino al centro del viso (eruzione cutanea degli sniffer);
  • mancanza di coordinazione e attenzione, irritabilità, depressione.

Ho fatto questa attività di engage nelle mie due quinte e, in entrambi i casi, l’ora è volata. Abbiamo parlato di molte cose importanti e si è creato un interesse di base per volerne sapere di più sulla “chimica” di queste sostanze fino ad ora ignorate o quasi sconosciute.

Il beneficio portato da questa attività è stato duplice: non solo mi ha permesso di agganciare i ragazzi ad una nuova unità di studio facendogli sentire la rilevanza di questi argomenti per la loro vita oltre la scuola, ma ho anche avuto una preziosa occasione di fare un po’ di prevenzione alle tossicodipendenze informando i ragazzi sui rischi per la salute dell’utilizzo di sostanze erroneamente ritenute meno pericolose in quanto non vere e proprie droghe.

È davvero importante che i ragazzi (di tutte le età) imparino a riconoscere le sostanze pericolose, dove si trovano (ad esempio, imparando a leggere le etichette anche di prodotti non commestibili), come agiscono e comprendano che quella dell’huffing è una pratica estremamente pericolosa e non un modo innocuo per sballarsi.

Questa è stata una di quelle volte in cui i ragazzi sono diventati consapevoli del fatto che la conoscenza può salvare la vita, che ciò che studiano è rilevante e che li aiuta a capire meglio il mondo che li circonda.

Tutto qui. Niente di straordinario, niente effetti speciali ma, almeno per me, un’ora spesa davvero bene.

E voi, che ne pensate?

Cari amici, so per certo che tra voi ci sono anche chimici esperti. Vi va di aiutarmi/ci a fare anche meglio la prossima volta condividendo i vostri suggerimenti, le attività che fate con i vostri ragazzi per introdurre questa classe di composti organici e per mantenere vivo l’interesse anche durante le lezioni successive?  Aspetto i vostri preziosi commenti!

Barbara

 

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