Lo ammetto, adoro il latte. Per me bere una tazza di latte è meglio di qualsiasi comfort food. Mi piace in tutti i modi: freddo, caldo, bianco, macchiato, con la schiuma o senza. Ma non per tutti è così.

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Ci sono persone, la maggior parte degli adulti in realtà, che quando bevono latte hanno sintomi così spiacevoli da smettere del tutto di consumarlo. Come mai?

La maggior parte degli esseri umani, una volta diventati adulti, perde la capacità di digerire il lattosio, lo zucchero del latte, e diventa, così, intollerante.

Da cosa dipende la capacità di digerire il lattosio?

Nel percorso di anatomia stiamo affrontando l’apparato digerente e la questione sull’intolleranza al lattosio mi offre su un piatto d’argento un’attività di Elaborate che non solo mi permette di far studiare in laboratorio l’effetto della lattasi sulla digestione del lattosio ma mi permette anche di parlare di evoluzione dimostrando, ancora una volta, che, come diceva il grande biologo Theodosius Dobzhansky,

“Nulla in biologia ha senso se non alla luce dell’evoluzione.” 

Provo a spiegarmi meglio raccontandovi cosa intendo fare la prossima settimana con la mia quarta.

Poiché, come sappiamo bene, il tempo a scuola è sempre tiranno, per recuperarne un po’ in modo da poter dedicare un’ora ad un’attività di laboratorio, la lezione precedente, per compito, assegnerò la visione del breve documentario (circa 14 minuti) della HHMI BiointeractiveThe evolution of lactose tolerance, in cui il genetista Spencer Wells, direttore del Progetto Genografico della National Geographic Society, spiega perché la tolleranza al lattosio sia considerata il frutto di una coevoluzione di geni e cultura.

[youtube https://www.youtube.com/watch?v=MA9boI1qTuk&w=560&h=315]

La persistenza della lattasi, infatti, è un esempio di adattamento umano nato negli ultimi 10.000 anni in risposta a un cambiamento culturale.

Circa 10.000 anni fa, gli uomini, fino ad allora cacciatori-raccoglitori, hanno iniziato ad addomesticare animali, a vivere in insediamenti e a coltivare colture. Questi cambiamenti culturali hanno avuto un profondo impatto biologico sulla nostra specie.

Tutti i mammiferi neonati sono in grado di digerire il latte. La produzione di latte per i “cuccioli”, infatti, è un tratto chiave che distingue i mammiferi da tutti gli altri tipi di animali.

Lo zucchero principale del latte, il lattosio, per le sue dimensioni non può essere assorbito così com’è dalle cellule epiteliali della mucosa intestinale, ma è necessario un enzima in grado di scinderlo in molecole più piccole. Nei mammiferi, tra gli enzimi escreti dall’orletto a spazzola dei microvilli intestinali, troviamo, infatti, anche la lattasi, che idrolizza la molecola di lattosio trasformandola in glucosio e galattosio.

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Credits: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Hydrolysis_of_lactose.svg

Questi due monosaccaridi entrano per trasporto attivo nelle cellule epiteliali e da qui vengono riversati nei capillari sanguigni e inviati al fegato dove, insieme alle altre sostanze nutritive assorbite durante la digestione, verranno trasformati o utilizzati per produrre energia.

Quando i piccoli dei mammiferi smettono di bere latte, la maggior parte smette di produrre lattasi e, quindi, perde la capacità di digerire il lattosio diventando così “intollerante”.

Cosa succede, in genere, quando un mammifero adulto intollerante al lattosio beve latte?

Il lattosio non digerito passa così com’è dall’intestino tenue all’intestino crasso. Qui i batteri lo utilizzano come fonte di energia e producono sostanze che possono causare crampi, flatulenza e diarrea.

Tutti i mammiferi, una volta diventati adulti, smettono di produrre lattasi, ma un terzo degli individui adulti della nostra specie è ancora in grado di digerire il lattosio. Questa minoranza presenza un genotipo definito “persistenza di lattasi” perché per tutta la vita continuano a produrre l’enzima che scompone il lattosio.

In Italia, in particolare, il 30 % circa delle persone presenta il genotipo “non persistenza” della lattasi essendo omozigoti wild type (C/C), il 60% sono eterozigoti (T/C) mentre è (10%) il genotipo “tolleranza” (omozigoti T/T) è raro.

Come abbiamo fatto a diventare tolleranti al lattosio, o meglio con persistenza di lattasi? E perché questo carattere lo presentano solo alcune persone?

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Credits: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=25220731

La maggior parte delle persone in Europa (soprattutto al nord) ha persistenza di lattasi, mentre in altre parti del mondo pochi adulti digeriscono facilmente il lattosio.

Alcuni scienziati hanno analizzato il DNA delle persone alla ricerca di possibili mutazioni del gene per la produzione della lattasi o dell’interruttore in grado di spegnere o lasciare acceso il gene.

In una famiglia finlandese in cui erano presenti individui adulti con persistenza di lattasi e individui intolleranti al lattosio, è stata così scoperta una mutazione sul cromosoma 2 che consiste nella sostituzione di una Citosina con una Timina proprio nella regione regolatrice del DNA che determina quando e dove il gene viene attivato.

Una volta individuata questa mutazione anche in altri individui nord europei, i ricercatori hanno provato a cercarla in altre popolazioni, come ad esempio in quella africana.

Si è così scoperto che mentre nella maggior parte della popolazione africana la mutazione non è presente (ossia sono lattasi non persistenti), c’è una popolazione, i Masai, che presenta, invece, una mutazione che rende gli individui tolleranti al lattosio e questa mutazione è diversa da quella identificata in Europa.

Due mutazioni con medesimo effetto sono, quindi, comparse in modo indipendente in due diverse popolazioni e hanno fornito, in entrambi i casi, la capacità di digerire il latte negli adulti.

Mutazioni diverse che comportano lo stesso fenotipo. Come mai?

Le ricerche hanno portato alla conclusione che in alcune popolazioni la pratica della trasformazione casearia abbia creato un ambiente in cui la persistenza della lattasi è diventata vantaggiosa.

Le mutazioni si verificano in modo casuale e causale, quindi, è stata la comparsa anche della mutazione che ha portato alla persistenza di lattasi. Ma affinché in una popolazione si verifichi evoluzione ci deve essere una selezione a favore o contro i tratti interessati da quelle mutazioni.

Poiché queste mutazioni si sono verificate in un momento in cui la produzione casearia era già iniziata, si ritiene che queste abbiano comportato un vantaggio selettivo, ossia la possibilità di nutrirsi anche con latte e derivati in tempi di carestia e che questo fatto, a sua volta, abbia comportato una maggior tasso di sopravvivenza aumentandone così la frequenza nella popolazione di generazione in generazione.

Fenotipi simili possono evolversi in modo indipendente sotto pressioni selettive simili.

Si pensa, quindi, che qualcosa di simile sia accaduto anche nelle popolazioni che si sono spostate nel nord Europa. In condizioni di carestia, gli individui con la mutazione della persistenza di lattasi hanno, probabilmente, potuto nutrirsi meglio e sopravvivere, trasmettendo alla progenie questo carattere.

Anche se l’esatto vantaggio selettivo della persistenza di lattasi è ancora oggetto di discussione, per gli scienziati è ormai chiaro che questa sia un caso raro ma potente di quella che viene chiamata coevoluzione di geni e cultura.

Cosa faccio in classe?

Dopo aver discusso brevemente il meccanismo d’azione della lattasi e quanto emerso nel documentario circa la persistenza della sua produzione negli adulti, riprenderò la prima parte del video in cui la Dott.ssa Dallas Swallow determina che il dottor Spencer Wells è in grado di digerire il lattosio facendogli bere rapidamente un litro di latte e poi misurando i livelli di glucosio nel suo sangue.

Perché misurare i livelli di glucosio nel sangue può dirci se qualcuno può digerire il lattosio o meno?

A questo punto del percorso di apprendimento, i ragazzi sanno che, nell’intestino, il lattosio del latte viene scomposto in glucosio e galattosio dall’enzima lattasi e che questi due zuccheri semplici vengono assorbiti dall’intestino e immessi nel flusso sanguigno. Di conseguenza, se in un individuo l’enzima lattasi è presente, entro 20-60 minuti dal consumo di latte i livelli di glicemia aumentano.

Come abbiamo detto, non tutti gli adulti, però, producono lattasi, anzi, nel mondo la maggior parte delle persone adulte non lo fa. Queste persone sono definite intolleranti al lattosio o con lattasi non persistente (LNP). Una minoranza significativa di adulti di tutto il mondo, invece, è in grado di digerire il latte senza problemi e queste persone vengono definite tolleranti al lattosio o con lattasi persistente (LP).

In laboratorio, sperimenteremo un’attività, proposta sempre dall’HHMI (Milk: How sweet is it?), in cui simuleremo un analogo test per i livelli di glucosio in quattro campioni di pazienti immaginari per determinare se questi siano o meno intolleranti al lattosio.

Invece di usare campioni di sangue, come ha fatto la dott.ssa Swallow nel documentario, i ragazzi misureranno la concentrazione di glucosio in campioni di latte a cui aggiungeranno fluidi che simulano il contenuto dell’intestino tenue dei quattro pazienti.

Cosa serve per l’attività

  • 12 provette o bicchierini di plastica da 30 ml
  • 1 pennarello indelebile
  • 18 strisce reattive per il test del glucosio (io uso queste della Reactiv per l’analisi delle urine ma vanno bene tutte)
  • 1 cartella colori per determinare la concentrazione di glucosio con le strisce reattive (quella riportata sulla confezione)
  • 6 bastoncini di plastica o bacchette di vetro
  • 1 cilindro graduato che misura fino a 5 ml (opzionale)
  • 1 timer (opzionale) o un orologio
  • tovaglioli di carta
  • matite colorate
  • latte (intero o parzialmente scremato)
  • soluzione contenente lattasi (io la preparo sciogliendo queste compresse di lattasi in d’acqua)
  • tabella per registrate i dati e carta quadrettata per grafico.

Come preparare la soluzione di fluidi intestinali 

  • Macinare con mortaio e pestello tre-quattro compresse di lattasi e scioglierle in 50 ml di acqua. Nell’attività della HHMI-Biointeractive consigliano le capsule della Lactaid, ma sono troppo costose per cui io uso quelle della Better Foods.
  • Filtrare la soluzione con carta da filtro o un filtro da caffè posto in un setaccio da cucina o in un imbuto. Questa operazione è necessaria perché spesso nelle compresse viene utilizzata della cellulosa come legante e questa va eliminata. La miscela finale dovrebbe apparire come acqua limpida.
  • Ogni gruppo di studenti avrà bisogno di 5 mL di soluzione di lattasi per il controllo positivo e 5 mL per ciascun paziente lattasi persistente per cui, a seconda del numero di studenti si dovrà adattare le quantità di fluido da preparare.
  • Per guadagnare tempo, io preparo la soluzione in anticipo perché l’enzima rimane attivo fino a 24 ore a temperatura ambiente.

Cosa fanno i ragazzi

Ogni gruppo dovrà versare le soluzioni nei bicchierini, attenendosi alla seguente procedura:

  • etichettare uno dei bicchierini come “Paziente n. 1”. Se il bicchierino non è graduato, con il cilindro graduato misurare 5 ml di fluido intestinale del paziente n. 1 e versarlo nel bicchierino etichettato;
  • etichettare un secondo bicchierino come “Paziente n. 2”. Utilizzare un cilindro graduato pulito (cioè risciacquato in acqua) per misurare 5 ml di fluido intestinale del paziente n.2 e versarlo nel bicchierino etichettato;
  • ripetere l’operazione per i pazienti n. 3 e n. 4, utilizzando ogni volta un cilindro graduato pulito;
  • etichettare un bicchierino come “Controllo negativo” e aggiungere 5 ml di acqua.
  • etichettare un bicchierino come “Controllo positivo” e aggiungere 5 ml della soluzione contenente la lattasi;
  • etichettare 6 bicchierini come “latte” e aggiungere 5 ml di latte in ciascuno.

Determinare la linea di base (tempo 0) dei livelli di glucosio

Prima di iniziare l’esperimento, usare 6 strisce per il test del glucosio per testare la linea di base dei livelli di glucosio dei fluidi intestinali dei 4 pazienti e dei 2 controlli. Per fare ciò si deve:

  • immergere l’area del test della striscia reattiva al glucosio nel bicchierino del paziente n. 1 e poi rimuoverla subito;
  • appoggiare la striscia sulla sezione etichettata Paziente n.1, 0 min della tabella predisposta nella scheda di lavoro (come da fotografia);
  • attendere 30 secondi (Questo tempo può variare a seconda delle istruzioni della marca particolare di strisce reattive al glucosio che si stanno utilizzando);
  • far corrispondere il colore dell’area del test della striscia con la tabella dei colori della confezione e registrare la concentrazione di glucosio della soluzione nella tabella dei dati, nella riga per il paziente n. 1 e nella colonna dei “Livelli di glucosio” per tempo 0 min. (non attendere più di 30 secondi per registrare i dati. Il test è sensibile al tempo e attendere più a lungo influirà sulla precisione della misurazione);
  • ripetere questi passaggi per i restanti tre campioni di pazienti, il controllo negativo e il controllo positivo. Ogni volta scrivere i risultati nella colonna “0 minuti”. Questa è la linea di base per ogni reazione.

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Determinare se la lattasi è presente nei campioni.

Per ogni campione, eseguire i seguenti passaggi:

  • aggiungere 5 ml di latte nel bicchierino del paziente n. 1 e mescolare delicatamente con un bastoncino da caffè o una bacchetta;
  • avviare immediatamente il timer. È necessario eseguire più misurazioni: a 2 minuti e a 7 minuti dopo l’aggiunta del latte al campione;
  • dopo 2 minuti immergere la striscia reattiva al glucosio nella miscela nel bicchierino del paziente n. 1, adagiare la striscia sulla Tabella delle strisce reattive al glucosio nella riga del paziente n. 1, slot 2 min., attendere 30 secondi (o il tempo specificato dal produttore della striscia reattiva) e determinare la concentrazione di glucosio. Registrare la concentrazione di glucosio sulla tabella dei dati nella riga del Paziente n.1 e nella colonna “Livelli di glucosio (mg / dL)”, 2 min.;
  • ripetere il passaggio sopra descritto dopo 7 minuti;
  • seguire la stessa procedura per tutti e quattro i campioni dei pazienti e per i due campioni di controllo. Assicurarsi di utilizzare sempre un bastoncino diverso per ciascun campione.

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Analisi dei dati

Al termine dell’attività, i ragazzi rifletteranno su quanto fatto rispondendo alle seguenti domande:

  1. Quando avete prelevato le quantità dei campioni dei pazienti, perché ogni volta avete dovuto usare un cilindro graduato pulito?
  2. La reazione chimica che si verifica nel campione di controllo positivo è mostrata di seguito:
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    Credits per l’immagine: https://www.chimica-online.it/organica/lattosio.htm

    a. Qual è la fonte di lattosio?
    b. Qual è il nome dell’enzima che trasforma il lattosio in glucosio e galattosio?
    c. Quale componente della reazione chimica hai misurato usando la striscia reattiva?
    d. Quale composto della reazione chimica sopra riportata manca nel campione di controllo negativo?

  3. Usare le matite colorate per costruire un grafico a barre basato sui vostri dati. Il grafico dovrebbe mostrare i risultati di 0, 2 e 7 minuti per tutti i campioni, compresi i controlli. Assicurarsi di fornire un titolo appropriato, etichette per gli assi X e Y e la legenda.
  4. Quali pazienti sembrano persistenti alla lattasi (tolleranti il ​​lattosio)? Descrivere le prove a sostegno di questa affermazione.
  5. Quali pazienti sembrano lattasi non persistenti (intolleranti al lattosio)? Descrivere le prove a sostegno di questa affermazione.
  6. Spiegare perché è stato necessario misurare i livelli di glucosio in un campione di latte a cui sono stati aggiunti 5 ml di acqua (il controllo negativo).
  7. Spiegare perché è stato necessario misurare i livelli di glucosio in un campione di latte a cui erano stati aggiunti 5 mL di soluzione di lattasi (il controllo positivo).
  8. Perché c’è bisogno sia di controlli negativi che positivi?
  9. Se il controllo negativo avesse prodotto i dati mostrati nel grafico seguente, cosa avreste concluso? Fornire due possibili spiegazioni per spiegare questi risultati.Senza titolo
  10. Per determinare se la lattasi è attiva, invece di misurare i livelli di glucosio nel latte, di quale altro composto si potrebbero misurare i livelli?

  11. Il test eseguito utilizzando fluidi intestinali simulati ha richiesto 5 ml di latte e da 2 a 7 minuti per ottenere risultati. Spiegare perché nel documentario il dott. Wells ha dovuto bere un litro di latte e i livelli di glucosio nel sangue sono stati misurati periodicamente per 40 minuti, ossia per un periodo di tempo molto più lungo.
  12. Leggere l’etichetta nutrizionale presente in una confezione di latte. Oltre ai carboidrati, che includono il lattosio, quali altri nutrienti sono presenti?
  13. Se l’intolleranza al lattosio non causasse alcun sintomo, gli individui intolleranti al lattosio sarebbero in grado di usare il latte come fonte di proteine. Spiegare perché è possibile per loro digerire le proteine nel latte anche se mancano di enzima lattasi.
  14. Il saccarosio è un disaccaride presente in molti sostituti del latte vaccino come latte di soia, riso e mandorle. È composto da glucosio e fruttosio. Spiegare perché gli individui intolleranti al lattosio possono essere in grado di digerire il saccarosio senza alcun problema.
  15. Un’allergia al latte è il risultato di una reazione immunitaria a uno o più componenti del latte, come la proteina caseina. Spiegare perché l’allergia al latte è diversa dall’intolleranza al lattosio.

Per saperne di più:

Alla prossima!

Barbara

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