Cari amici, rieccoci qui. Anno nuovo, vecchia DAD.

L’Emilia Romagna è ancora in zona arancione per cui non ritornerò in classe almeno fino al 25 gennaio. Il primo trimestre è finito, da domani inizierò gli scrutini ed è proprio tempo di bilanci, soprattuto per quanto riguarda la valutazione.

Lo sappiamo bene. La valutazione è già di per sé una cosa complessa ma, ai tempi della DAD, può diventare un vero e proprio incubo. I ragazzi sono geni creativi e posso dirvi che lo scorso anno ho visto cose che voi umani… Mancano all’appello auricolari wireless con suggeritore (genitore?) a distanza (in stile Mission Impossible) e credo di aver visto di tutto.

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Ma ho anche sentito di tutto dai racconti di parenti e amici: dalle verifiche su Google Moduli con 30 problemi di chimica in 40 minuti, verifiche con doppia videocamera (una alle spalle dello studente che inquadra il computer e una frontale), interrogazioni di spalle rispetto alla telecamera, interrogazioni con studenti bendati o con le mani in alto per non poter cercare online o su WhatsApp la risposta… Follia  o necessità?

Ma oltre agli estremisti del “tu non mi fregherai mai” ci sono anche docenti che non si preoccupano affatto di copiature o imbrogli perché sostengono che tanto è peggio per loro se non imparano, per cui chi se ne importa.

E io? Mi sono chiesta più volte dove sia la mia posizione in questa strana scala che va da 0 (non mi preoccupo) a 10 (se tu mi imbrogli troverò sempre un modo per essere io a fregarti) e voglio essere onesta fino in fondo.

Io sono tra quelli che, scottati e delusi dai molti imbrogli (a volte smascherati per caso) anche da parte di studenti “insospettabili” (Tu quoque, Brute, fili mi!!!), non interrogano più e hanno ripiegato sulle famose verifiche scritte su Google Moduli con domande di ragionamento (teoricamente anti-copiatura), descrittori e domande mescolati e  un numero di item calibrato in modo da non lasciare il tempo agli studenti di comunicare con i compagni via WhatsApp o di consultare siti o libri per rispondere ( o almeno credo…)

Funziona? In qualche modo sì. Serve? Assolutamente no.

Che senso ha una valutazione così? Certo questo tipo di verifica permette di fare ciò che ci viene richiesto, ossia, per esempio, dare almeno due voti per trimestre, ma così facendo si svuota totalmente la valutazione del suo significato più alto, del suo fine educativo che è anche quello di  insegnare allo studente ad autovalutarsi, mostrargli i progressi che ha fatto nel suo percorso di apprendimento, indicargli possibili aree di miglioramento.

La valutazione dell’apprendimento, in questo modo, diventa solo un atto formale, una mera misurazione, e come tale, almeno per me, perde completamente il suo prezioso significato educativo.

La valutazione dovrebbe essere progettata con intenzionalità non per “fregare” lo studente che cerca di “fregare” noi, ma per migliorare ed educare le loro performance.

I ragazzi hanno bisogno di una valutazione che sia, in primo luogo, educativa e sono sicura che tutto quello che ho fatto finora proprio non lo è.

Ma io, tutto sommato, credo di aver imparato, negli anni, ad essere resiliente per cui ogni volta che vado a sbattere contro un muro “didattico” mi sforzo di trovare nuove possibili strade per affrontare e risolvere il problema, sperimentando altre possibili opzioni.

Chi mi segue da un po’ sa che parlo da tempo del grande valore dei compiti autentici ma direi una bugia se vi dicessi che li uso da sempre e che ne ho uno pronto per ogni occasione. Preparare questo tipo di prova richiede moltissimo tempo e un grande sforzo (almeno all’inizio, quando sei alle prime armi) e il tempo è una risorsa che scarseggia sempre, per tutti.

Problema o opportunità?

A scuola, come nella vita, quando ci troviamo in una situazione scomoda, che non ci piace, sta però a noi decidere se considerare l’ostacolo che si presenta lungo il nostro cammino come un problema o come un’opportunità. Questa scelta cambia completamente la prospettiva da cui decidiamo di guardare quella situazione e, di conseguenza, cambia anche l’impatto che questa ha sul nostro lavoro.

Un pomeriggio di fine novembre, mentre correggevo verifiche su Google Moduli qualcosa dentro di me ha detto basta. Che senso ha una valutazione così? Cosa mi dice sui progressi dei ragazzi, su cosa sanno fare con ciò che sanno?

Già in passato mi ero cimentata con dei compiti autentici ma che fatica…

Ad ogni modo, ho ripreso in mano i libri che avevo studiato, alcuni compiti già realizzati e ho cercato di superare le mie stesse resistenze mettendomi in gioco una volta per tutte.

L’ho fatto perché ho sentito un fortissimo bisogno di trasformare lo sterile momento della valutazione in un momento di apprendimento, di rinforzo positivo nei confronti dell’idea di quanto sia bello imparare e misurare in un modo significativo e costruttivo i propri progressi per cui, senza ulteriori indugi, mi sono messa al lavoro.

Un nuovo compito autentico aveva anche bisogno di un nuovo inizio, per cui ho scelto di ricominciare a sperimentare questa strada con la mia quarta che da lì a qualche giorno avrebbe cominciato lo studio dei fenomeni sismici.

Ho dedicato un intero weekend a riorganizzare la mia unità di apprendimento (a distanza) sui terremoti intorno ad una prestazione autentica che ho progettato ex novo.

Perché ho dovuto riorganizzare la mia UDA? Non bastava preparare un nuovo compito?

Perché la valutazione autentica abbia un reale valore educativo, la progettazione di un’unità di apprendimento deve partire proprio da ciò che i ragazzi dovranno mostrare di saper fare alla fine di quella unità, per cui le attività di insegnamento devono essere costruite intorno al compito autentico e non il contrario.

Quindi, dopo una breve attività di Engage per introdurre la nuova unità, tirando fuori preconoscenze e misconcezioni, prima di iniziare l’esplorazione dei fenomeni sismici, ho presentato il compito autentico ai ragazzi.

La sfida che avrebbero dovuto affrontare al temine dell’unità ha costituito il cuore del nostro percorso didattico e ha fornito un contesto significativo a tutte le cose che avrebbero imparato lungo la strada.

Secondo Wiggins e McTighe, un compito, un problema o un progetto è autentico se:

  • è realistico, ossia simula i modi in cui nel mondo reale vengono verificate le conoscenze e le abilità di una persona;
  • richiede giudizio e innovazione, ossia lo studente deve usare conoscenze e abilità in modo efficace per risolvere problemi non strutturati o mal strutturati. Lo studente deve stendere un piano di lavoro o un progetto e la ricerca della soluzione deve implicare molto di più del seguire procedure date o riempire spazi vuoti;
  • chiede allo studente di “fare” la disciplina scolastica: invece di riesporre attraverso la dimostrazione o di ripetere a memoria ciò che è stato insegnato o che si sa già, lo studente deve portare avanti una ricerca e lavorare a un progetto;
  • copia o simula i contesti in cui gli adulti vengono verificati – sul luogo di lavoro, nella comunità civile o in famiglia;
  • accerta la capacità dello studente di usare efficacemente ed efficientemente un repertorio di conoscenze e di abilità per negoziare un compito complesso;
  • garantisce appropriate opportunità di ripetere, praticare e consultare le fonti; riceve feedback sulle prestazioni e perfeziona le prestazioni e i prodotti.

Un approccio all’accertamento fondato sul lavoro autentico chiede agli studenti (e agli insegnanti) di apprendere due cose importanti: anzitutto devono imparare come gli adulti che vivono nel mondo reale usano le conoscenze e le abilità che sono insegnate e apprese; in secondo luogo devono comprendere perché sono significative anche le singole lezioni finalizzate allo sviluppo di conoscenze e di abilità isolate, in che modo questo lavoro conduce alla padronanza di compiti di prestazione più complessi e accattivanti. Proprio come un giocatore di pallacanestro sopporta il faticoso esercizio di continuare a tirare a canestro oppure il flautista affronta la monotonia del ripetere scale musicali, sperando che i loro sforzi li ripagheranno con prestazioni di alta qualità – così anche gli studenti devono giungere a cogliere e a sperimentare che la verifica e l’insegnamento daranno come risultato migliori prestazioni.

Wiggins e McTighe, Fare progettazione: la pratica di un percorso didattico per la comprensione significativa pag. 161

Se vuoi saperne di più sui compiti autentici e la loro progettazione puoi rileggere questi post:

A questo punto, però, forse sarete curiosi di sapere in cosa consiste il compito autentico che i ragazzi hanno dovuto affrontare. La consegna è stata questa.

Compito autentico sui fenomeni sismici

Per promuovere la cultura della prevenzione e della conoscenza dei terremoti per  poterne affrontare i rischi nel migliore dei modi, la Società Geologica Italiana ha organizzato il Convegno dal titolo “Rischio sismico in Italia: analisi e prospettive per una prevenzione efficace”.

A tal scopo ha chiesto alla tua scuola di organizzare una sessione parallela del convegno rivolta agli studenti delle scuole superiori d’Italia dal titolo “Le geoscienze a scuola”.  A causa dell’emergenza COVID, il convegno sarà tenuto online sulla Piattaforma Google Meet il 17, il 21 e il 23 dicembre 2020.

Ad ogni gruppo verrà assegnato un evento sismico del passato verificatosi in Italia da cui partire e dovrà produrre: una relazione orale della durata massima di 15 minuti (anche in forma video) e un breve articolo con abstract per la pubblicazione negli atti del convegno.

La relazione e il breve paper (articolo) con abstract dovranno affrontare i seguenti punti:

  • perché si verificano i terremoti;
  • in che modo i terremoti trasmettono energia;
  • gli effetti associati ai terremoti;
  • il rischio sismico in generale e dell’area assegnata;
  • come difendersi dai terremoti.

Il contributo per gli atti del convegno dovrà contenere un abstract breve (max. 500 caratteri spazi inclusi) e un articolo di sintesi della presentazione orale di max 4000 caratteri spazi inclusi, con relativa bibliografia (da non considerarsi nelle 4000 battute).

Sismi da analizzare:

  1. Terremoto di Amatrice dell’ agosto 2016 – Gruppo I
  2. Terremoto dell’Aquila del 2009 – Gruppo II
  3. Terremoto in Irpinia del 1980 – Gruppo III
  4. Terremoto in Emilia del 2012 – Gruppo IV
  5. Terremoto in Friuli del 1976 – Gruppo V
  6. Terremoto sullo  stretto di Messina del 1908 – Gruppo VI.

Una volta analizzato insieme le consegne del compito, ho consegnato ai ragazzi anche la rubric che avrei usato per valutare il loro lavoro.

Le rubric sono un ottimo strumento in grado di fornire agli insegnanti criteri specifici e obiettivi chiari per valutare la comprensione degli studenti, ma sono anche uno strumento prezioso per gli studenti perché fornisce loro chiari obiettivi di prestazione, indicazioni specifiche rispetto a ciò che è maggiormente importante oltre a criteri per valutare e migliorare il loro lavoro scolastico.

Per coinvolgere maggiormente i ragazzi e aiutarli ad affrontare al meglio questo nuovo percorso, non mi sono limitata a dar loro una copia della rubric ma l’abbiamo letta e discussa insieme in modo che tutto fosse chiaro e condiviso.

Una volta terminata l’analisi della rubric, ho dato a ciascun gruppo una piccola raccolta di materiali e link da cui partire per iniziare a documentarsi sull’evento sismico loro assegnato e abbiamo discusso anche quali criteri usare per assicurarsi di usare fonti attendibili.

Com’è andata?

Fin dalla prima lezione ho notato una grandissima differenza. Avevamo appena terminato l’UDA sui fenomeni vulcanici che, peraltro, i ragazzi trovano sempre interessante, ma non solo ho notato un notevole aumento di interesse ma soprattutto i ragazzi hanno cominciato a farmi moltissime domande. Questa volta capire era un’esigenza e questo li ha portati a vedere le attività fatte insieme come la chiave per la comprensione dei loro approfondimenti.

Il momento della restituzione dei lavori dei ragazzi, poi, è stato… magico, davvero! Mi sono emozionata nel vedere quanta passione ci hanno messo e come sono stati bravi in ogni fase del lavoro.

Voglio farvi un paio di piccoli esempi che già da soli vi faranno capire con quanta serietà e interesse hanno intrapreso il compito.

Ho assegnato un evento sismico diverso a ciascun gruppo in modo del tutto casuale. Dopo qualche giorno ho ricevuto una mail da parte di un’alunna che chiedeva, dopo aver preso accordi con gli altri compagni, che il suo gruppo potesse dedicarsi al terremoto dell’Irpinia invece di quello che era stato loro assegnato. Il motivo? I suoi nonni avevano vissuto in prima persona quel terribile evento e lei sentiva il bisogno di capire più in profondità quanto era accaduto alla sua famiglia molti anni fa.

Il secondo esempio, ma potrei farvene molti altri, riguarda, invece, il momento della presentazione dei loro lavori.

Come potete vedere dalla rubric, uno degli indicatori presenti era il rispetto dei tempi nella conduzione della presentazione. Durante la discussione degli indicatori, ho raccontato loro che una delle cose più fastidiose che possono capitare durante i convegni è il fatto che alcuni relatori, durante la loro presentazione, non rispettino i tempi loro assegnati sforando, a volte, anche di parecchio. Questo comportamento mostra, di fatto, non solo una scarsa organizzazione ma anche scarso rispetto verso i relatori che devono ancora parlare e quindi è una cosa molto importante da considerare quando si prepara una relazione.

Bene, la prima cosa che mi hanno chiesto quando hanno cominciato le loro relazioni era impostare un timer per verificare il fatto che si erano impegnati molto anche su questo punto.

Insomma, le presentazioni sono state quasi tutte di altissimo livello con approfondimenti degni di studenti di geologia! Io, dentro di me, facevo i salti di gioia per quanto sono stati bravi ma soprattutto perché ho avuto ancora una volta conferma che è questa la scuola che voglio, questo è il modo in cui voglio che i miei studenti apprendano, questa è la strada che continuerò a percorrere ogni giorno.

Non è facile e si inciampa di continuo ma vale sempre la pena di continuare a provare, non credete anche voi?

Hanno preso tutti 10? Certamente no. Alcuni hanno espresso al meglio le loro capacità, altri, più “scolastici”, sono stati meno creativi ma hanno comunque fatto un buon lavoro, sicuramente superiore alle loro prestazioni medie.

C’è qualcosa che non ha funzionato? Sì. La rubric era incompleta e va perfezionata. Come vi dicevo, ho ideato e preparato tutto in un weekend e in fase di compilazione della rubric (ne ho compilata e consegnata una per ciascuno studente) mi sono resa conto che mancavano due indicatori molto importanti per la valutazione della qualità abstract e del paper.

Una mancanza abbastanza grave a dire il vero, ma ormai era troppo tardi e non potevo farci più niente. Purtroppo, tendendo ad essere una perfezionista, questa cosa mi ha fatto un po’ arrabbiare, ma negli anni ho capito che imparare ad accettare l’imperfezione è una parte fondamentale del proprio percorso di crescita professionale (e personale) per cui, ho ripetuto a me stessa quello che dico sempre ai ragazzi: l’errore che ho commesso questa volta mi ha comunque insegnato qualcosa di importante che mi sarà molto utile la prossima volta.

Perché, credetemi amici, ci sarà sicuramente una prossima volta.

A presto! 🙂

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