Quando gli scienziati hanno imparato a misurare il decadimento radioattivo, hanno fatto un enorme passo avanti nella capacità di determinare l’età di rocce, minerali, fossili e reperti archeologici. Questa tecnica, chiamata datazione radiometrica, si basa sulla velocità costante del decadimento degli isotopi radioattivi di alcuni elementi, come l’uranio-238, il carbonio-14 e molti altri.
Uno degli aspetti più affascinanti, ma anche difficili da comprendere per gli studenti, è il concetto di emivita o tempo di dimezzamento, cioè il tempo necessario affinché metà dei nuclei di un isotopo radioattivo decadano. Comprendere appieno la natura casuale del decadimento e la relazione con il concetto di emivita può essere complesso se affrontato solo in modo teorico, su testi di fisica o chimica. Per questo ho deciso di ribaltare il classico approccio didattico e proporre un’attività che mettesse i ragazzi al centro del processo, permettendo loro di “vedere” il decadimento con i propri occhi.
L’attività che ho organizzato ha previsto l’uso di cento monete da 1 centesimo per modellizzare il decadimento radioattivo. Invece di studiare passivamente la curva del decadimento esponenziale su un grafico del libro, i miei studenti sono diventati protagonisti del processo. Ogni gruppo ha utilizzato le monete per simulare il decadimento degli isotopi: il concetto di casualità del decadimento è stato rappresentato dal lancio delle monete, in cui ogni faccia della moneta aveva una probabilità di 50% di “decadere”.
Questa attività di inquiry strutturato, ha come obiettivo non solo di far raccogliere dati e costruire grafici, ma anche stimolare i ragazzi a formulare ipotesi, discutere, riflettere e trarre conclusioni da ciò che osservavano.
Durante l’attività, i ragazzi hanno potuto vedere come, ad ogni fase di “decadimento”, il numero di monete che rappresentavano gli isotopi instabili si dimezzava. Abbiamo ripetuto più volte la simulazione per ottenere dati medi più affidabili e gli studenti hanno successivamente rappresentato i risultati in un grafico. Osservare la curva esponenziale che si formava e discutere insieme di come essa rappresentasse il comportamento del decadimento radioattivo è stato un passaggio fondamentale: ha reso visibile un concetto che altrimenti sarebbe rimasto astratto.
La riflessione finale si è concentrata non solo sul grafico ottenuto, ma anche sulle similitudini e le differenze tra il modello e il decadimento radioattivo reale. Gli studenti hanno potuto capire che, mentre l’emivita nel nostro modello corrispondeva a un lancio, nella realtà l’emivita degli isotopi varia da pochi millisecondi a milioni di anni. Abbiamo discusso di come il modello delle monete fosse utile per comprendere la probabilità associata al decadimento ma al contempo limitato, perché non può rappresentare tutte le variabili reali del processo radioattivo.
Questo tipo di attività ha mostrato un valore enorme non solo nella comprensione dei concetti di fisica e chimica, ma anche nel rendere gli studenti più partecipi e motivati verso l’apprendimento. Il decadimento radioattivo è spesso percepito come un argomento difficile e distante dalla vita quotidiana; grazie a questa simulazione, invece, i ragazzi hanno avuto la possibilità di toccare con mano come la scienza funzioni secondo regole probabilistiche che, sebbene casuali, seguono schemi precisi.
Un altro aspetto importante è stato il lavoro di gruppo: gli studenti hanno collaborato tra loro, suddividendo i compiti e discutendo i risultati. Questo ha migliorato le loro competenze sociali e le loro capacità di comunicazione scientifica. L’attività di inquiry ha permesso di creare un ambiente in cui ogni studente potesse contribuire al successo del gruppo, condividendo idee e riflettendo sui risultati ottenuti. Inoltre, la possibilità di visualizzare la relazione tra i dati e il concetto di emivita ha fornito un’opportunità di apprendimento molto più significativa rispetto all’approccio tradizionale.
Per chi volesse riproporre un’esperienza simile, ho preparato una versione dettagliata dell’attività, completa di istruzioni passo-passo e materiali pronti all’uso, disponibile su Eduki.
Che ne pensate? Come si potrebbe migliorare questa attività? Fatemi sapere se provate a farla anche voi!
Alla prossima settimana! 🙂
Bravissima, bellissimo lavoro. Se potessi ancora insegnare te lo copierei.
Recentemente ho ripensato alla cosa mentre discutevo con una collega che aveva trattato il problema al biennio. Per questo sono stato subito curioso di vedere come avessi potuto trovare una simulazione, cosa avessi escogitato, convinto che solo con un programma al computer o excel con la funzione randomize si potesse fare. Infatti, a pensarci bene, la questione dell’indipendenza degli eventi di decadimento nasconde un aspetto paradossale, una stranezza della natura impossibile da simulare con sistemi macroscopici. Un paradosso che va risolto in qualche maniera. Per esempio non esiste nessuna “reazione chimica di ordine zero”, tranne, ci facevano dire all’università, appunto, il decadimento radioattivo. Da quando ho cominciato in tarda età a ripensare con la mia testa ad alcune delle tante cose assimilate durante gli anni dello studio al fine di superare esami, e a cercare di restituire nell’insegnamento questa diversa modalità di approccio al conoscere, ho ripensato varie volte a questo paradosso, senza arrivare mai ad una soluzione. Per cui me lo sono sempre tenuto per me. Qualsiasi altra cosa che “decade” (irreversibilmente), in natura, lo fa gradualmente e passa attraverso un qualche tipo di invecchiamento. Il che significa che l’insieme statistico non è indipendente dal tempo: ha una sua “storia”. perfino una reazione in provetta “invecchia” nell’andare verso l’equilibrio (e poi smette di evolvere). Ossia, per tutti gli altri fenomeni naturali, inclusi quelli biologici, otterresti la stessa legge esponenziale, ricavata nel tuo decadimento simulato, solo conservando lo stesso insieme durante tutto l’esperimento (a parte i “deceduti”, che devi necessariamente togliere). Insieme, nel quale ciascuna delle entità abbia una sua identità. Per ripetere la prova altre due volte dovresti prendere 100 entità NUOVE, equivalenti se non uguali alle prime al tempo t = 0, ogni volta. Per gli atomi radioattivi, invece, non esiste un tempo t = 0. Non esistono atomi “giovani” e atomi “vecchi”. Puoi sostituire atomi osservati da tanto tempo ancora intatti con atomi “nuovi”, ossia appena prodotti a loro volta da un decadimento precedente, così come potresti sostituire le monetine rimaste dopo 2 lanci con monetine nuove di zecca, e farlo su altri tre trial, senza notare nulla di diverso nella media dei secondi tre trial.
Potresti gettare solo venti monete delle tue nella tua scuola, farne gettare altre trenta in Belgio e una per volta, per le altre 50, far fare 50 lanci singoli a 50 studenti tuoi nella loro casa casa, raccogliere i dati, e non cambierebbe nulla. Al di là della realtà sperimentale e dalle sue premesse, ben rispecchiate dal tuo esperimento, e della descrizione matematica, questa indipendenza statistica e indipendenza dal tempo, per me, da vecchio meccanicista e positivista reo confesso, è misteriosa, e va spiegata. Quel “tipo” di probabilità va giustificato.
Mentre leggevo Mario Ageno, “le origini dell’irreversibilità”, due mesi fa, ho avuto una specie di illuminazione. Primo, il sistema atomo deve essere abbastanza complesso e non elementare. Questa complessità deve però non essere tale da consentire una benché minima differenza tra un atomo e l’altro. Così come tutte le molecole di paraidrogeno nel loro ground state sono uguali, nonostante siano “composte” da varie particelle. Però non deve evolvere, perché in tal caso si comporterebbe come una cellula di lievito o un neurone che ha una sua “età” ed una sua storia limitata a causa di mutamenti interni, nel tempo. Il paraidrogeno liquido non evolve, ma se si alza la temperatura si trasforma in orto-idrogeno. Segno che le forze che stabilizzano il paraidrogeno sono di un ordine di grandezza comparabile con quello dell’agitazione termica. Per i nuclidi radioattivi invece no, la temperatura non ha alcuna influenza sul loro decadimento. Ciò potrebbe significare semplicemente che le forze in gioco nella loro struttura complessa siano oltre che quantizzate, molto maggiore a quelle delle collisioni termiche ordinarie. Però sappiamo che diversi nuclei, anche non radioattivi, subiscono decadimenti indotti da urti di neutroni o di raggi gamma. Allora, come deve essere fatta una struttura che è sempre identica e che non evolve (se non nel momento che decade)? Per non evolvere deve essere un sistema all’equilibrio; per decadere, il sistema deve avere fluttuazioni. L’entità delle fluttuazioni (ovviamente quantistiche) determina la lifetime di quell’atomo. Credo che non si possano essere altre spiegazioni. L’unica aspetto da aggiungere è se quelle fluttuazioni siano irriducibili ad altre ipotetiche entità che compongono la realtà o meno.
Grazie di cuore Alfredo