Negli ultimi giorni ho affrontato in classe le caratteristiche dei viventi, un argomento che, nonostante la sua apparente semplicità, spesso presenta delle sfide. Sebbene insegnare le caratteristiche della vita non sia particolarmente difficile, coinvolgere gli studenti evitando che riducano tutto a una semplice lista di concetti memorizzati è un altro discorso.

Con il passare degli anni, ho notato che molti studenti faticano a comprendere davvero cosa significhi “essere vivi” e che tendono a confondere aspetti chiave come, ad esempio, crescita, metabolismo e reattività. Proprio per questo motivo ho cercato di trasformare questo argomento in una vera e propria investigazione scientifica, con l’obiettivo di permettere loro di apprendere in modo attivo e di costruire una comprensione più profonda e personale.

ENGAGE

Ho iniziato con una domanda tanto semplice quanto potente: Cosa significa essere vivi?. Questo interrogativo ha subito stimolato la curiosità degli studenti, dando il via a un percorso di esplorazione, osservazione e riflessione.

Le loro risposte iniziali sono state varie: alcuni hanno citato il movimento, altri la crescita e altri ancora hanno menzionato la necessità di nutrirsi o respirare (intendendo la respirazione polmonare). Queste prime idee mi hanno permesso di identificare anche alcune misconcezioni comuni, come l’errata convinzione che solo ciò che si muove sia vivo, su cui ho potuto lavorare meglio nella fase di spiegazione vera e propria.

Dopo una breve discussione, ho mostrato un video di tre minuti intitolato Is it alive?, che presentava una serie di cose (ghiacciolo, cellula, fiume, seme, nuvola, orologio, corallo, fuoco, bolle di sapone, pulcino, macchina e medusa) chiedendo appunto “È vivo o no?”. Ho chiesto, quindi, agli studenti di decidere, prima individualmente e poi in coppia, se si trattava di organismi viventi o no e di giustificare le loro risposte.

L’obiettivo di questa attività era far emergere le loro preconoscenze e eventuali misconcezioni sulle caratteristiche della vita per poi guidarli verso la costruzione di una definizione operativa di “vita”. Utilizzando le loro idee, esperienze e intuizioni, l’intero processo è diventato partecipativo e autentico fin dall’inizio.

EXPLORE

Nella lezione successiva, in laboratorio, ho diviso la classe in piccoli gruppi e ho consegnato a ciascuno tre campioni di terreno di cui non conoscevano la composizione. In uno vi erano sabbia e zucchero, nel secondo sabbia, zucchero e lievito e nel terzo sabbia, zucchero e una compressa effervescente sbriciolata.

La scelta di questi campioni era volta a creare diverse reazioni al contatto con l’acqua, permettendo agli studenti di osservare cambiamenti fisici e chimici nelle provette e di utilizzare queste osservazioni per determinare quale contenesse un organismo vivente.

Lo scopo dell’attività era rispondere alla domanda investigabile: Come possiamo determinare se un campione contiene un organismo vivente?.

Per farlo, hanno introdotto dell’acqua in ciascun campione e osservato attentamente ciò che accadeva. Naturalmente, l’obiettivo principale dell’attività non era tanto individuare il campione corretto, quanto capire cosa definisca un essere vivente, analizzando i cambiamenti osservati e comprendendo perché questi possano essere associati alla vita.

Per strutturare le proprie conclusioni, gli studenti hanno utilizzato il modello CER (Claim, Evidence, Reasoning). Questo strumento, che uso spesso al biennio, si è rivelato estremamente utile per aiutare i ragazzi a dare un senso alle loro osservazioni e collegarle con i concetti teorici.

Hanno, quindi, formulato un’affermazione (Claim) sulla presenza di vita o meno, hanno fornito le evidenze a supporto delle loro affermazioni (Evidence) e infine hanno spiegato il ragionamento (Reasoning) che collegava le evidenze alla loro conclusione.

Vederli lavorare insieme, discutere e argomentare le loro osservazioni è stato uno dei momenti più gratificanti della lezione. Al termine dell’attività, ogni gruppo ha confrontato le proprie osservazioni con quelle degli altri. Questo momento di confronto mi ha permesso di mettere in luce quanto sia fondamentale il dialogo nella scienza. Gli studenti hanno potuto vedere come le diverse interpretazioni delle stesse evidenze possano portare a conclusioni differenti e hanno capito che il processo scientifico non è mai lineare ma è fatto di discussioni, aggiustamenti e revisioni continue. Questo modo di procedere li aiuta anche a sviluppare un approccio più flessibile e resiliente, utile non solo nello studio delle scienze ma anche nella vita di tutti i giorni.

Alla fine di questa esperienza, mi sono resa conto, ancora una volta, di quanto anch’io, come insegnante, impari costantemente dai miei studenti. Ogni volta che propongo attività come questa, vedo le cose attraverso i loro occhi, con quella curiosità genuina che spesso, da adulti, dimentichiamo di avere. È incredibile come l’approccio IBSE, con le sue domande e i suoi dubbi, riesca sempre a stimolare riflessioni profonde non solo in chi apprende, ma anche in chi insegna.

Vedere i miei studenti coinvolgersi, discutere e persino sfidarsi nel mettere in discussione le proprie convinzioni mi sento fortunata di poter assistere da vicino al processo di crescita intellettuale dei miei studenti e di poterli accompagnare, passo dopo passo, verso una maggiore comprensione del mondo che li circonda. Non si tratta solo di trasmettere concetti, ma di accendere in loro una scintilla, di far capire che il sapere è qualcosa che costruiamo insieme, giorno dopo giorno e anche io ne esco sempre arricchita, con una nuova consapevolezza ma, spesso, anche con nuove domande da esplorare.

In fondo, insegnare è come condurre un’investigazione: non hai mai tutte le risposte, ma insieme agli studenti cerchi di avvicinarti alla verità, di esplorare possibilità.

Se volessi saperne di più du questa attività per proporla ai tuoi studenti, puoi trovarla sulla mia pagina Eduki! Mi farai sapere com’è andata?

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