Con le mie seconde è arrivato il momento di affrontare lo studio della cellula. Non so se vale anche per i vostri studenti, ma solitamente, quando devono studiare strutture e funzioni delle cellule, i miei si annoiano tremendamente e mentre spiego vedo i loro occhi che implorano pietà.

Voi come fate? Avete qualche idea originale per rendere il tutto più interessante? In passato ho provato vari approcci, ma il risultato non è cambiato: si sono annoiati, hanno studiato a memoria e l’anno successivo non ricordavano quasi più nulla.

Poiché non possiamo rimpicciolirci per poter esplorare la cellula di “persona” come faceva “l’inviato” di Piero Angela nella serie televisiva La macchina meravigliosa (a proposito, ve la ricordate?), coinvolgerli parlando delle strutture e delle funzioni del reticolo endoplasmatico, dell’apparato di Golgi e dei mitocondri non è proprio facile.

Vorrei provare ad affrontare l’argomento con un approccio inquiry-based ma questa volta è più difficile del solito. Comunque ho deciso, non mi scoraggio e ci provo.

Faccio mente locale su quanto dicono i manuali riguardo la fase di Engage dell’inquiry:

– le attività previste nella prima fase del learning cycle hanno l’intento di creare interesse, generare curiosità e domande nella mente degli studenti, scoprire che cosa sanno già e far emergere eventuali conoscenze errate. Durante questa fase, agli studenti non vengono date definizioni formali su ciò che stanno esplorando, né viene detto loro a quali conclusioni arriveranno;

– l’ attività di Engage dovrebbe essere relativamente breve, stimolare l’interesse degli studenti, coinvolgerli a livello personale, utilizzare e valutare le loro conoscenze pregresse (Chitman-Booker e Kopp, 2013).

D’accordo, tutto chiaro, ma… ora cosa faccio?

Inizialmente, ho pensato di partire da una notizia scientifica: la realizzazione di una cellula artificiale, oppure l’assegnazione del Nobel per la chimica del 2014 a Eric Betzig, Stefan W. Hell e William E. Moerner “per lo sviluppo della microscopia in fluorescenza in super risoluzione”, che consente di guardare le strutture cellulari con dettaglio prima impensabile.

Poi, ho pensato di proporre una lettura sui batteri spazzini utilizzati per ripulire il Golfo del Messico dal greggio fuoriuscito da una piattaforma petrolifera.

Però, ero ancora poco convinta.

Un video allora?

Ce n’è uno molto bello, “The inner life of the cell”, realizzato dall’Università di Harvard.

Lo guardo e lo riguardo…forse un po’ difficile per un primo approccio.

Improvvisamente si è accesa la “famosa” lampadina!

A ottobre, insieme alle colleghe di lettere, abbiamo accompagnato i ragazzi di seconda in un’uscita didattica a Lecco e ai luoghi manzoniani. Perché non cogliere l’occasione di un vero e proprio link tre le discipline?

Un po’ forzato? Cosa c’entra Manzoni con le cellule? Io ci provo!

Dopo aver tolto la polvere alla mia vecchia copia de I Promessi Sposi, comincio la lezione leggendo qualche riga tratta dal XXXIII Capitolo:

Una notte, verso la fine di agosto, proprio nel colmo della peste, tornava don Rodrigo a casa sua a Milano, accompagnato dal fedel Griso… Camminando però, sentiva un mal essere, un abbattimento, una fiacchezza di gambe, una gravezza di respiro, un’arsione interna, che avrebbe voluto attribuir solamente al vino, alla veglia, alla stagione… esitò qualche momento, prima di guardar la parte dove aveva il dolore; finalmente la scoprì, ci diede un’occhiata paurosa; e vide un sozzo bubbone d’un livido paonazzo.

 

F. Gonin, La peste a Milano

Riconoscete questo passo, vero? Cosa sta succedendo a don Rodrigo? Cos’è la peste bubbonica? Da cosa è causata?

Questa malattia esiste ancora oggi oppure, ormai, non ci si ammala più? 

Le idee sono parecchio confuse a riguardo, ma credo sia normale.

Distribuisco, quindi, un articolo tratto dal Corriere della sera che parla di un uomo dell’Oregon (Usa), che si è trovato in condizioni molto critiche per aver contratto la peste bubbonica dopo essere stato morso da un gatto (non suo), mentre cercava di salvare un topo dalle sue fauci.

Lo sfortunato signore americano di cui parla l’articolo ha contratto la peste sia in forma bubbonica che setticemica. Ora che ne sapete di più, secondo voi, quale tipo di peste ha colpito don Rodrigo? Perché?

La peste è una malattia infettiva causata dal batterio Yersinia pestis, un bacillo che per millenni ha seminato la morte nel mondo, isolato per la prima volta nel 1894 dal medico svizzero Alexandre John-Émile Yersin, durante l’epidemia di Hong Kong. La malattia è tuttora diffusa in molte parti del mondo, anche in alcune regioni dei paesi industrializzati, e normalmente ha come ospite le pulci parassite di roditori, ratti, alcune specie di scoiattoli e cani della prateria.

Yersinia pestis

La peste si può manifestare in tre forme diverse: polmonare, bubbonica e setticemica.

La peste bubbonica è la forma di peste più comune e si manifesta in seguito alla puntura di pulci infette o per contatto diretto tra materiale infetto e lesioni della pelle di una persona, sviluppando bubboni, ossia ingrossamenti infiammati delle ghiandole linfatiche, accompagnati da febbre, mal di testa, brividi e debolezza. In questa forma la peste non si trasmette da persona a persona.

Nella peste polmonare il batterio infetta i polmoni. Questa forma della malattia può trasmettersi da persona a persona attraverso l’aria o gli aerosol di persone infette e quindi costituisce una delle forme più pericolose per il potenziale epidemico che la caratterizza. La forma polmonare può derivare anche dalla degenerazione delle altre forme se non sono curate prontamente.

La peste setticemica deriva, invece, dalla moltiplicazione della Y. pestis nel sangue, e può essere una conseguenza di complicazioni delle due forme precedenti. Viene contratta per le stesse cause di quella bubbonica, e non si trasmette da persona a persona. Causa febbre, brividi, dolori addominali, shock e prostrazione, sanguinamenti della pelle e di altri organi, ma non si manifesta con bubboni.

Abbiamo letto che la peste è causata da un batterio chiamato Yersinia pestis. Cosa sono i batteri? Ne conoscete altri?

Ebola, batteri che causano il raffreddore e il mal di gola… Le idee non sono chiare. Virus e batteri si mescolano senza sosta, ma non è ancora arrivato il momento di spiegare.

A questo punto mi gioco il “carico”e leggiamo un ultimo articolo tratto da Focus che parla dei batteri più comuni presenti sugli smartphone e sulle malattie che questi sono in grado di trasmettere. Le reazioni sono immediate. Non credo guarderanno più il loro amato cellulare con gli stessi occhi (e forse nemmeno io).

I batteri sono tutti pericolosi per l’uomo? 

Per fortuna, visto l’incredibile numero di specie esistenti, i batteri patogeni sono la minoranza. La maggior parte, infatti, è innocua o addirittura benefica per il nostro organismo.

Ad esempio, il Lactobabillus bifidus presente nell’intestino dei neonati e dei cuccioli dei mammiferi contribuisce alla digestione del lattosio, o il Lactobacillus bulgaricus viene utilizzato per produrre lo yogurt.

Ci sono batteri produttori, che svolgono la fotosintesi producendo gli zuccheri consumati poi da altri organismi; batteri decompositori, essenziali per gli ecosistemi, che demoliscono le grandi molecole organiche rilasciando nell’ambiente molecole più piccole riutilizzabili, batteri azofissatori e nitrificanti che trasformano l’azoto presente nel suolo in un composto assimilabile dalla pianta.

Prendiamo nota di tutte le cose emerse nel brainstorming e infine chiedo:

Come sono fatti i batteri?

Siamo ormai pronti. La prossima lezione si comincia ad esplorare le cellule.

Che ne dite, agganciati?

Per saperne di più sui batteri:

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