C’era una volta una città nel cuore dell’America dove tutta la vita sembrava scorrere in armonia con il paesaggio circostante… D’improvviso un influsso maligno colpì l’intera zona, ed ogni cosa cominciò cambiare …

La popolazione cadde sotto il potere di una diabolica magia; il pollame fu decimato da misteriose malattie; i bovini e le pecore si ammalarono e perirono. Dappertutto aleggiava l’ombra della morte. Ogni giorno nelle campagne, i contadini parlavano di malanni che colpivano le loro famiglie. Nelle città i medici erano costretti a far fronte sempre più spesso a malattie nuove che colpivano i loro pazienti… Si trattava di una singolare epidemia.

Gli uccelli, per esempio: dov’erano andati a finire? Molta gente ne parlava con perplessità e sgomento; nei cortili non se ne vedeva più uno in cerca di cibo… La primavera era ormai priva del loro canto… un completo silenzio dominava sui campi, nei boschi e sugli stagni.

Nelle fattorie le chiocce continuavano a covare ma nessun pulcino nasceva. I contadini si lamentavano perché non riuscivano più ad allevare i maiali: infatti ben pochi porcellini venivano al mondo, ed anche quei pochi sopravvivevano per breve tempo.

Giunse per i meli la stagione della fioritura, ma le api non danzavano più fra le corolle; non vi fu quindi impollinazione e non si ebbero frutti. I bordi delle strade, prima tanto attraenti, erano adesso fiancheggiati da una vegetazione così brulla ed appassita che sembrava devastata da un incendio. E pure qui regnava il silenzio e si notava l’assenza di un qualsiasi segno di vita… Nessuna magia, nessuna azione nemica aveva arrestato il risorgere di una nuova vita: gli abitanti stessi ne erano colpevoli.

Una città come questa non esiste nella realtà, ma la si può ricostruire prendendo come esempio migliaia di località in America e in ogni altra parte del mondo. Nessuna comunità – per quanto ne sappia – è stata finora bersagliata dal complesso di sciagure che ho qui descritto, tuttavia ciascuna di queste calamità ha davvero fatto la sua apparizione da qualche parte, e molti popoli hanno già subito le conseguenze d’un numero di esse… Perché tacciono le voci della primavera in innumerevoli contrade d’America? È quanto cercherò di spiegare in questo libro.

Rachel Carson, Primavera silenziosa, Universale Economica Feltrinelli

Inizia così il libro di Rachel Carson, Primavera silenziosa, definito da Al Gore pietra miliare del movimento ambientalista contemporaneo.

Credits: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=277288

Nata a Springdale in Pennsylvania nel 1907, la Carson lavorò come biologa marina presso il Fish and Wildlife Service (servizio ittico e faunistico) dove ebbe l’incarico di redigere pubblicazioni naturalistiche. Autrice di diversi libri di successo è, però, passata alla storia con la pubblicazione, nel 1962, di Primavera silenziosa.

Per scrivere questo libro, Rachel Carson raccolse informazioni sulle sostanze chimiche utilizzate nelle irrorazioni aeree, negli ambienti industriali e sul cibo e, citando una moltitudine di ricerche scientifiche, descrisse come l’applicazione indiscriminata di prodotti chimici in agricoltura, ad esempio erbicidi e insetticidi (in particolare il DDT), avesse inquinato corsi d’acqua, danneggiato popolazioni di uccelli e animali e causato gravi problemi di salute all’uomo.

Nel suo libro, la Carson ha mostrato per la prima volta al grande pubblico il lato oscuro dell’utilizzo di queste sostanze considerate fino a quel momento miracolose, come ad esempio il fatto che spruzzare insetticidi per controllare le popolazioni di insetti sia in grado di uccidere anche gli uccelli che si nutrono di quegli insetti, che i prodotti chimici non solo viaggiano attraverso l’ambiente ma anche attraverso le catene alimentari accumulandosi nel tessuto adiposo e causando nel tempo problemi medici, e che questi prodotti possano anche essere trasferiti dalle madri ai loro piccoli attraverso il latte.

L’idea alla base del libro è che gli organismi viventi siano molto più interconnessi e interdipendenti di quanto le persone avessero mai realizzato fino ad allora.

La pubblicazione di Primavera silenziosa fu accolta con un enorme interesse da parte del pubblico ma anche con critiche feroci.

In un periodo storico in cui l’economia in espansione era costruita intorno all’industria chimica, Primavera silenziosa fu un duro colpo e l’industria chimica reagì altrettanto duramente dichiarando che le principali affermazioni del libro della Carson fossero gravi distorsioni dei fatti reali non supportate da prove scientifiche.

Ma non solo. A seguito della pubblicazione di quello che all’epoca è stato definito “il libro più controverso dell’anno” ci furono anche numerosi tentativi di distruggere sia la sua credibilità scientifica che la sua reputazione personale. Il fatto che fosse una donna, poi, la espose a critiche ancora più feroci. Si disse che fosse una fanatica, una donna isterica non qualificata, una comunista, una pericolosa reazionaria che trascinava la società moderna indietro nel tempo, verso un nuovo Medioevo pieno di parassiti.

Credits immagine: https://www.environmentandsociety.org/exhibitions/rachel-carsons-silent-spring

Nonostante le accuse, però, la Carson non cedette e continuò a contrastare l’isolamento, le offese e la diffamazione con grande dignità e coraggio visto che già sapeva di avere un cancro al seno che le era stato diagnosticato durante la stesura del libro e che alla fine la uccise a due anni dalla pubblicazione (1964).

Malgrado l’evidente pericolosità dell’abuso di questi prodotti chimici per uso agricolo, la Carson non ne chiese mai il divieto assoluto, ma invocò cautela, ulteriori studi e lo sviluppo di alternative biologiche.

Nel 1963, in un’audizione al congresso americano, Rachel Carson chiese l’adozione di nuove politiche in grado di proteggere gli uomini e la natura da un uso indiscriminato di pesticidi. Questa fu una richiesta incredibilmente rivoluzionaria se si pensa che in quel periodo la chimica stava dando uno contributo straordinario al miglioramento della resa delle coltivazioni.

Stroncata dal tumore, Rachel Carson non visse abbastanza per vedere riconosciuta la validità delle sue conclusioni e preoccupazioni e la messa al bando del DDT prima da parte dell’EPA, l’agenzia americana per l’ambiente, nel 1972 e poi da parte di molte altre nazioni (dal 1978 in Italia).

Finalmente riabilitata, nel 1980 fu insignita, dall’allora presidente Jimmy Carter, della Medaglia Presidenziale della Libertà, il più alto grado di onorificenza per i civili negli Stati Uniti.

La Carson e il suo libro sono stati di ispirazione per il movimento ambientalista che ha preso vita negli anni ’60 del secolo scorso e che ha acquisito slancio nazionale e internazionale a partire dagli anni ’70.

Ma cos’è questo DDT?

DDT è un acronimo che sta per diclorodifeniltricloroetano.

Si tratta di un idrocarburo clorurato sintetizzato per la prima volta nel 1874 dal chimico tedesco Othmar Zeidler dell’Università di Strasburgo. La sua efficacia come insetticida fu però dimostrata solo nel 1939 dal chimico svizzero Paul Herman Müller nei laboratori della Geigy Company, scoperta che gli valse il premio Nobel per la medicina nel 1948, per aver dimostrato l’azione antimalarica del DDT contribuendo così a salvare moltissime vite.

Il DDT entrò in uso negli Stati Uniti nel 1942. Durante la seconda guerra mondiale era considerato una vera e propria “arma contro le malattie” (tifo, febbre gialla e malaria) in dotazione all’esercito.

Gli alleati ne fecero un uso massiccio sia sui militari che sui civili. In Italia, fu usato per debellare un focolaio di tifo a Napoli e poi fu impiegato nella provincia di Latina, in Veneto e in Sardegna per uccidere le zanzare anofele responsabili della trasmissione della malaria e molto diffuse nelle zone allora paludose.

Nel 1945 persino Winston Churchill, allora primo ministro inglese, lo definì come qualcosa di miracoloso, proprio grazie alla sua grande utilità riscontrata durante la guerra.

Gli ottimi risultati riscontrati in Italia nella lotta contro la malaria, portarono l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a lanciare una campagna planetaria per l’utilizzo del DDT per sconfiggere completamente la malattia.

In effetti, l’uso del DDT ha portato a eradicare la malaria in Europa e nel Nord America.

Finita la guerra, il DDT trovò largo impiego non solo nella lotta alle malattie trasmesse dagli insetti, ma anche nella lotta agli insetti infestanti delle colture agricole e degli alimenti.

L’uso, o meglio l’abuso, di questa sostanza portò nel tempo allo sviluppo di resistenza da parte degli insetti e alla conseguente necessità di aumentarne la quantità di utilizzo.

Una delle migliori qualità del DDT è la sua persistenza nell’ambiente: ha una bassa reattività alla luce e ad altre sostanze per cui si degrada lentamente rimanendo a lungo nell’ambiente, dove si accumula progressivamente anche grazie al fatto che quando si decompone si trasforma in DDE (dicloro-difenil-dicloroetano), composto ancora più persistente.

In poco tempo, però, si cominciò a comprendere che quelli che erano stati considerati fino ad allora i vantaggi del DDT, i suoi punti di forza, si stavano, invece, trasformando in effetti nocivi senza controllo.

A causa della sua persistenza nell’ambiente e della sua insolubilità in acqua, il DDT si accumula nel tessuto adiposo degli organismi e giunge all’uomo attraverso la catena alimentare (biomagnificazione). Inoltre, è tossico e si diffonde facilmente ovunque con un forte impatto ambientale.

Tra i molteplici effetti nocivi del DDT sull’ambiente c’è, ad esempio, il fatto che negli uccelli interferisca con l’azione di un enzima che regola la deposizione del calcio nel guscio dell’uovo. Questo comporta l’assottigliamento del guscio e l’impossibilità di cova da parte delle madri e alcune specie, come ad esempio il pellicano bruno, rischiarono l’estinzione.

La Svezia fu il primo paese a bandirne l’uso nel 1970, ma seguirono a ruota anche gli altri paesi. Nel 1978 una direttiva europea ne proibì la commercializzazione e l’uso in agricoltura.

Nel 2001 molti Paesi dell’unione Europea hanno aderito alla Convenzione di Stoccolma con l’intento di regolamentare l’uso del DDT e di altre sostanze nocive e persistenti nell’ambiente. Questo trattato ne permette però la produzione poiché ancora oggi in Africa, il DDT rimane uno strumento fondamentale nella lotta contro la malaria. A questo scopo, nel 2006 l’OMS ne ha addirittura incoraggiato un uso controllato per contrastare una malattia che continua ad uccidere un milione di persone ogni anno.

Questa sarà la mia prossima lezione di chimica organica in quinta. Che ne pensate? C’è molto di cui discutere, vero? Quanti collegamenti interdisciplinari riuscite a intravedere per l’esame di Stato?

Alla prossima!

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